Al-Sisi va da Putin
Tempo di lettura: 2 minutiAbdel Fattah Al-Sisi va al Cremlino: si tratta della prima visita all’estero del generale, da qui la sua importanza, perché indica una strada, ovvero la nuova strada che intende percorrere l’Egitto dei generali. Al-Sisi è ancora un reggente, ma ha annunciato la sua candidatura a presidente dell’Egitto e difficilmente gli sfuggirà la vittoria. I militari, dopo il colpo di Stato che ha destituito Morsi e la Fratellenza islamica, i quali avevano sequestrato la rivoluzione di piazza Tarhir, appaiono come gli unici padroni del campo: hanno schiacciato la Fratellanza con pugno di ferro, anche se non si è prodotto quel bagno di sangue paventato da tante cancellerie, riportato un po’ di ordine nel Paese e ridato speranze a settori della popolazione che hanno vissuto come un incubo la presidenza di Morsi e il dilagare dell’estremismo militante.
Questo viaggio in Russia conferma che i generali egiziani hanno perso contatto con gli Stati Uniti, storico alleato del Cairo, a causa della freddezza dimostrata da Washington durante la repressione della Fratellanza. E cercano nuovi alleati: hanno ottenuto finanziamenti dai Sauditi e degli Emirati Arabi, cosa che gli ha permesso di dare respiro a un’economia sull’orlo del collasso, ma gli serve un appoggio internazionale forte. E lo cercano in Putin, il quale ha augurato «buona fortuna» al generale. Sembra che i due abbiano anche messo a punto delle forniture militari, che purtroppo in Medio Oriente appaiono merce necessaria, ma quel che conta e quel che rende questa visita qualcosa di storico è appunto il fatto che, dopo decenni di unilateralismo americano, il Cairo vira verso Mosca. Non si tratta certo di un’alleanza strategica, ma di un segnale forte sì.
Strana eterogenesi dei fini: quanti speravano di eliminare per sempre la presenza russa in Medio Oriente cacciando Assad, l’ultimo alleato della Russia nella regione, si ritrovano in mano un pugno di mosche. Anzi l’influenza russa in Medio Oriente è più forte di prima. È che il mondo arabo, il popolo ma anche le élite militari, religiose e imprenditoriali di questo mondo, hanno visto con crescente preoccupazione gli effetti destabilizzanti delle manovre delle cancellerie occidentali nei loro Paesi. E assistito con terrore alle barbarie conseguenti, vedi il dilagare dell’estremismo islamico in Libia, Siria e altrove. Putin si è dimostrato un argine a questa barbarie. Da qui il suo ritrovato ascendente.