20 Gennaio 2014

Berlusconi blinda il partito sul patto "In campo siamo solo io e Matteo"

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Due uomini in fuga, come ha sintetizzato ieri Silvio Berlusconi, e sono lui e Matteo Renzi. L’accordo è fatto, ora va limato, ma resta che qualsiasi legge elettorale esca deve avere queste caratteristiche: permettere a Renzi di avere una maggioranza solida quando vincerà le prossime elezioni (quindi premio di maggioranza), far fuori i partiti minori non omologati, non intaccare eccessivamente il privilegio dei capi partito nelle composizioni delle liste elettorali (ovvero le preferenze, obbligate dalla sentenza della Consulta, devono essere ridotte al minimo) e bipolarismo. Questi i punti essenziali per l’accordo, il resto sono particolari di nessun interesse.

Oggi Renzi è chiamato a sottoporre al vaglio del Pd la legge elettorale della quale ha discusso con il suo interlocutore: otterrà reazioni di contrasto, ma andrà avanti. Il dado è tratto e indietro non si torna. 

I suoi avversari interni criticheranno un po’ tutto, nel merito e nel metodo, ma non si vede come possano fare qualcosa che dia serio peso alle loro parole. 

Berlusconi non è più un paria: sembra il compimento di quella pacificazione nazionale tanto sognata da Napolitano quando tentò il governo delle larghe intese. Non gli è riuscita con Letta, ci è riuscito Renzi contro il suo pupillo. Forse per questo il Quirinale attende gli eventi. In realtà, più che una pacificazione, che comporta un compromesso, questo accordo Renzi-Berlusconi è un negoziato tra un vincitore e un vinto. Nonostante le apparenze Berlusconi non può avere altro ruolo in futuro, almeno per quel che gli resta, che quello dell’oppositore di Sua Maestà. Chi ha remato contro il compromesso immaginato da Napolitano, unendosi alla fronda di Renzi contro le larghe intese, si ritrova in una posizione ancora più scomoda, ovvero quello dell’insignificanza politica.

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