28 Febbraio 2013

D'Alema: impegno con 5 stelle e Pdl A loro la guida delle Camere

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Nel rebus post elettorale, l’ipotesi avanzata da Massimo D’Alema: un governo con tutti i partiti maggiori, ovvero Berlusconi, Cinque stelle e Pd. È un’ipotesi nuova e diversa da quella avanzata da Bersani, che aveva aperto al movimento di Beppe Grillo rimediando un netto rifiuto. Ma che, in subordine, contiene anche la proposta del segretario, il quale aveva delineato un’ipotesi di governo Pd – Cinque Stelle in stile Sicilia, basato su alcuni punti programmatici. Il problema è che Grillo non ne vuol sapere di dare la fiducia, indispensabile almeno al Senato dove l’astensione vale voto contrario. A questo proposito si segnala la risposta di Grillo a Bersani, accusato, per la sua avance, di fare stalking nei confronti del movimento. Purtroppo che la politica sia degenerata e abbia preso una piega in cui gli insulti vengono premiati è un dato. E non è certo un’innovazione grillina: anche Bossi, Di Pietro e altri prima di lui hanno usato questa arma nell’agone politico. Quindi nulla da eccepire, purtroppo, per quel che riguarda il suo uso nel corso della dialettica politica. Quello che però proprio non va è che Bersani ha fatto, nel caso specifico, qualcosa che ha a che vedere con la stretta dinamica politica insita in una democrazia parlamentare: un’apertura in vista di un governo comune. Così quel termine così dispregiativo è suonato un insulto non solo a Bersani, ma al Parlamento in cui risiede la sovranità popolare, e, in definitiva, anche alla democrazia italiana. Speriamo non si ripeta; non è denigrando le istituzioni o le dinamiche ad esse connesse, che sono poi le dinamiche democratiche, che si costruisce un Paese migliore, al quale crede, a torto o ragione, anche il 25% degli italiani che hanno scelto Grillo nell’ultima tornata elettorale. Anche perché certe pulsioni rivoluzionarie, se incanalate nella giusta direzione possono portare benefici, più o meno grandi, altrimenti causano danni.

Resta il rebus della governabilità. Al momento le trattative scorrono sottotraccia. E tutti sembrano fermi nelle loro posizioni. Solo Berlusconi, come prevedibile data la duttilità della persona, ha dato disponibilità piena su un governo delle cose, al quale potrebbero aderire tutti o nessuno.

La strada di un governo solo Pd-Cinque stelle è ancora la più battuta, e sul web monta una petizione di grillini e non che ne chiede l’attuazione. 

Ma sottotraccia scorre anche un’altra trattativa, quella per un governo istituzionale, sorta di riedizione di un governo Monti in salsa diversa, con adesione Pdl – Pd. Al momento è di difficile attuazione, ma il protrarsi dello stallo lo rende sempre più possibile. Altra variabile del rebus: il sindaco di Firenze Matteo Renzi. Sconfitto solo pochi mesi fa nelle consultazioni che hanno riguardato il popolo della sinistra, il suo nome è iniziato a circolare subito dopo le elezioni: con Renzi si sarebbe vinto, con Renzi si può fare un governissimo destra – sinistra al quale Berlusconi non può dire no. Insomma, senza far nulla, Renzi, grazie alla sua immagine di giovane vigoroso e innovatore, è diventato un volto spendibile in questa fase difficile del Pd. O in una seconda da determinarsi a breve. Fortunato.

L’unica cosa certa al momento è che Napolitano dovrà dare l’incarico a Bersani. E che questi si sta giocando tutta la sua carriera politica.

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