23 Ottobre 2013

Divisi anche sull'Antimafia

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Rosy Bindi è stata eletta presidente della Commissione Antimafia. Di per sé è una notizia come le altre; il problema è che la sua elezione non è stata decisa all’interno di una concertazione tra i partiti di governo – come era stato assicurato – ma dai membri della commissione targati Pd, M5S, Sel e Lega. Il Pdl ovviamente ha protestato, chiedendo le dimissioni della neo-presidente, minacciando in caso contrario di disertare i lavori. La Bindi ha già risposto picche.

«Il partito trasversale della crisi ieri ha segnato un grosso punto a favore», ha commentato Massimo Franco sul Corriere della Sera, spiegando che quanto si è consumato ieri rappresenta una «frattura» all’interno della coalizione di governo «condannata a pesare e durare». Dal momento che quanto successo «sembra fatto apposta per radicalizzare le posizioni e alimentare lo scontro» tra Pd e Pdl. «Insomma, i “falchi” di ogni tendenza hanno vinto»: quelli del Pd, che hanno dimostrato che parte del partito non è disposto a compromessi con il Pdl anche a costo di discostarsi in maniera palese dalla linea ufficiale del partito; quelli del Pdl che possono rinfacciare all’ala “lealista” che è illusorio sperare in accordi di lunga durata con il Pd.

I falchi del Pdl, che erano usciti con le ossa rotte dall’ultima prova di forza – sventata dal ripensamento inatteso di Silvio Berlusconi che all’ultimo momento aveva votato la fiducia al governo -, tornano a volare alti: indicativo il fatto che Brunetta e la Santanché ricomincino a imperversare sui media dopo giorni di silenzio. Da capire come evolverà la situazione del partito, se cioè Berlusconi riuscirà a tenere unito ciò che è diviso o se la dialettica sempre più accesa tra le varie anime del partito porterà a una scissione a breve (nei tempi lunghi è destino manifesto).

Per Franco, ne escono corroborate le ambizioni di Matteo Renzi, che non nasconde la fretta di approdare a Palazzo Chigi, e ne esce malconcio Enrico Letta, per il quale diventa sempre più difficile tenere insieme le spinte centrifughe all’interno del suo partito e del governo. 

La Bindi tiene il punto, giustificando la sua posizione come un dovere nei confronti della fiducia a lei accordata da parte della maggioranza della Commissione. Ma da un punto di vista politico, e non solo, è bizzarra; simul stabunt simul cadent: se cade il governo cade anche la sua presidenza. Inoltre, se c’è un dovere verso chi l’ha messa in quella posizione, c’è anche verso un governo che è anche espressione del suo partito. C’è un dovere verso il contrasto della criminalità organizzata, che non può essere appannaggio di una esigua parte, ma dello Stato e dell’esecutivo che lo rappresenta. C’è, soprattutto, un dovere verso il Paese, che non può permettersi di precipitare in un’altra crisi in un momento così grave. Forse servirebbe una riflessione più approfondita e non limitarsi a reazioni a caldo.

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