23 Dicembre 2013

Erdogan grida al complotto straniero

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Aria di Tangentopoli in Turchia, dove i magistrati incalzano il governo con arresti eccellenti scuotendo dalle fondamenta la tenuta del governo. La  risposta di Erdogan non si è fatta attendere ed è stata durissima: i poliziotti che hanno eseguito le indagini e gli arresti sono stati cacciati insieme al loro capo. Il premier turco grida al complotto, copione che ripete quello seguito ai tempi dell’occupazione di Gezi Park da parte di oppositori del governo, e accusa le cancellerie straniere di connivenza con centri di potere interni che vogliono la caduta del suo governo. Principale bersaglio dei suoi strali è Fethullah Gülen, personaggio molto influente della Fratellanza islamica che ha sostenuto la sua ascesa al potere per poi prenderne le distanze. Uomo moderato, Gülen è riparato negli Stati Uniti, ma conserva ancora grande peso nel suo Paese.

Quello che sta accadendo in Turchia ha tutta l’aria di un braccio di ferro, che vede contrapposte due diverse visioni della Turchia: Erdogan sta tentando la via dell’islamizzazione graduale del Paese, trovando contrasto nei settori islamici più moderati che hanno fatto asse con parte i kemalisti, fautori della laicità delle istituzioni, e altri gruppi di opposizione interna. Uno scontro di potere vero, che presumibilmente andrà accentuandosi, dal momento che sono in vista le elezioni politiche e soprattutto le presidenziali, nelle quali Erdogan dovrà vedersela con l’attuale presidente, Abdullah Gul, uomo che può calamitare il dissenso. E che avrà riflessi internazionali, dato il peso che la Turchia ha acquistato in questi anni nello scenario mediorientale e mediterraneo in genere. Resta da capire quali effetti ha questo contrasto sul conflitto siriano, nel quale Erdogan è in prima linea a sostegno delle forze che vogliono la caduta di Assad. 

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