17 Novembre 2012

Guerra tra spie, ecco le accuse di Petraeus

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Il generale Petraeus ha testimoniato alla commissione del Congresso americano che indaga sull’assassinio dell’ambasciatore Usa in Libia. Secondo l’ex capo della Cia, dimessosi a causa della pericolosa relazione extra-coniungale che sta tenendo banco sui media di tutto il mondo, l’intelligence americana aveva da subito classificato l’attacco al consolato Usa di Bengasi come azione terroristica. Qualcuno avrebbe cambiato quel rapporto, individuando un’altra causale: la diffusione negli Usa di un video anti-islamico.

Per i repubblicani quel qualcuno si trova all’interno della Casa Bianca. E l’obiettivo della manipolazione sarebbe da ricercare nella volontà di non gettare in pasto all’opinione pubblica un deficit nella gestione della sicurezza Usa. Sotto l’amministrazione Obama è stato ucciso Osama Bin Laden e questo risultato doveva restare nel cuore degli americani fino al termine della campagna elettorale. Da qui la manipolazione. Questa almeno la spiegazione che danno i repubblicani, i quali tentano di cavalcare la vicenda in funzione anti-Obama.

La prima vittima della ricostruzione di Petreaus potrebbe essere Susan Rice, che Obama vuole a tutti i costi al Dipartimento di Stato: l’ex ambasciatrice all’Onu aveva dichiarato pubblicamente che l’attacco di Bengasi era stato causato dal film contro Maometto. Ora Petreaus la smentisce.

Strano il destino: l’omicidio dell’ambasciatore Usa in Libia avvenuto l’11 settembre scorso aveva quasi chiuso le porte della Casa Bianca a Obama, favorendo di fatto la campagna elettorale repubblicana (se Romney non avesse cavalcato troppo esplicitamente la notizia, per Obama sarebbe stata la fine). Ora, a distanza di tempo, analogo effetto sta avendo l’indagine su quell’omicidio. Una morte davvero emblematica.

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