Il Sinodo e le forze del caos
Tempo di lettura: 3 minutiFinalmente si chiude felicemente il Sinodo straordinario sulla famiglia e si chiude una lacerazione che poteva diventare devastante per la Chiesa (per leggere il discorso finale del Papa all’assise cliccare qui). Si chiude con una formula che in fondo era l’unica possibilità di uscita da un tunnel che il gioco perverso della polarizzazione tra conservatori e progressisti rendeva senza uscita, in particolare riguardo al tema principale di questa assise, quello della comunione alle persone divorziate che hanno contratto una nuova unione more uxorio (nella Chiesa non si dà un secondo matrimonio sacramentale come sintetizzato nell’espressione divorziati-risposati).
Tema estremamente delicato perché toccava un sacramento del Signore, mentre sugli altri argomenti, in fondo, c’era poco da aggiungere al richiamo alla misericordia che è alla base di questo Pontificato: semplicemente, al di là delle formulazioni del caso, esortare i sacerdoti ad una pastorale più consona alla tenerezza di Dio.
Invece sul punto di contrasto vero, sul quale si erano anche ventilati possibili scismi, la formula conclusiva dei lavori sinodali verte sul discernimento del caso singolo, dal momento che formulazioni più estese e generalizzate erano semplicemente impossibili.
Sulla Repubblica di oggi alcuni articoli accennano la possibilità che dietro l’accordo conclusivo ci sia un qualche ruolo di Ratzinger. Non sappiamo se sia vero o meno, ma in fondo non è importante.
Di certo a dare la suggestione di un tale ruolo del papa emerito è stato il fatto che alla fine a trovare una formulazione che mettesse d’accordo la maggioranza qualificata dei partecipanti al Sinodo sono stati i cardinali tedeschi, in particolare il Prefetto della Congregazione della Fede, cardinale Gerhard Ludwig Müller (curatore dell’opera omnia di Ratzinger) e il cardinale Walter Kasper, membro, tra l’altro, della medesima Congregazione.
Giacomo Galeazzi, sulla Stampa di oggi, raccoglie le confidenze di alcuni sacerdoti italiani che raccontano di come tale opera di discernimento del caso per caso non sia un esercizio nuovo. Un lavoro pastorale normale per molti parroci chiamati a fare i conti con la complessità della realtà quotidiana. Secondo Galeazzi, il Sinodo, da questo punto di vista, renderebbe finalmente ragione a tale esercizio.
Piccolo reportage di certa importanza quello del cronista della Stampa, dal momento che se si andasse a scavare più a fondo si scoprirebbe che tale opera di discernimento è stata finora ben più diffusa di quanto appaia, non solo in Italia. Che le vie della misericordia del Signore sono infinite e si sono fatte strada anche attraverso le codificazioni del passato (si passi l’espressione sintetica), come lo faranno con le codificazioni future.
Con questo non si vogliono relativizzare le conclusioni del Sinodo, che renderà più facile e diffuso tale esercizio, solo dar ragione di una realtà più complessa di quanto appaia in certe schematizzazioni mediatiche e ideologiche.
Come schematico, e banalizzante, è l’esercizio di attribuire tale vittoria al papa, ché a vincere nella Chiesa, quando essa vince, è solo il Signore, come ha ricordato con altre parole lo stesso Francesco.
Sicuramente a perdere in questo caso sono state le forze del caos, interne ed esterne alla Chiesa, alle quali sono ascrivibili le diverse operazioni di disturbo avvenute durante il suo svolgimento: l’outing del monsignore gay felicemente accasato, la pubblicizzazione della missiva di alcuni presuli a Francesco, le cattiverie sulla salute del Papa.
Abbiamo usato l’espressione forze del caos non a caso, perché il modus operandi di certi ambiti è proprio quello di creare confusione per aprirsi nuove opportunità. Come è avvenuto attorno a questo momento di riflessione della Chiesa, dove ai veleni esterni e interni si è sommata la strumentale polarizzazione dell’assise che, come visto alla fine dei lavori, era più apparente che reale.
Non che non ci siano visioni e sensibilità diverse all’interno della Chiesa, cosa che peraltro è un tesoro da preservare, ma una cosa è una riflessione anche dai toni accesi sulla fede del Signore (che in quanto tale non è un possesso di singoli o schieramenti), altro uno scontro di potere per distruggere un Pontificato.
Ora Francesco dovrà dire l’ultima parola, rendendo magistero un documento sinodale. Probabile che alle conclusioni del Sinodo aggiungerà del suo, con raccomandazioni ulteriori riguardo la necessità della misericordia nel discernimento da usarsi nei singoli casi.
Certo, sarebbe illusorio pensare che aprire nuove vie di misericordia per i divorziati-conviventi more uxorio risolva il dramma della scristianizzazione, però è vero che ogni passo, ancorché piccolo, per la conversione della Chiesa alla misericordia di Dio favorisce la conversione di quanti sono lontani, per tanti motivi, dal Signore.
Né va obliato che l’esito felice di questa burrasca rende meno faticoso il cammino della Chiesa nel mondo, come accennato dallo stesso Francesco al termine del suo discorso al Sinodo. Certo, gli agenti del caos restano in servizio attivo e non mancheranno nuove trame e nuovi perigli; ma questo è il futuro. Ad oggi c’è solo da rendere grazie al Signore, che salva la Sua Chiesa secondo disegni che, per fortuna, sono altri da quelli umani.