10 Marzo 2014

Il terrorismo dietro il disastro areo al largo della Malaysia

Tempo di lettura: 2 minuti

S’inabissa un Boeing 777 che da Kuala Lumpur era destinato a Pechino. Un incidente, forse, ma più probabilmente un atto terroristico. 239 le vittime accomunate da un tragico destino, quello di aver preso un aereo diretto in Cina, Paese entrato ultimamente nel mirino delle organizzazioni terroristiche internazionali, che usano della minoranza uigura, comunità turcofona e di religione islamica della regione autonoma dello Xinjiang, per destabilizzare l’ex celeste impero. Ad accreditare la pista del terrorismo la circostanza che due dei passeggeri a bordo erano clandestini che avevano rubato il passaporto ad altrettanti cittadini europei e si erano imbarcati al loro posto, un italiano e un austriaco. I furti dei passaporti erano avvenuti ambedue a Phuket, in Thailandia, e i biglietti intestati ai terroristi erano stati acquistati nello stesso giorno e alla stessa ora a Bangkok (il 6 marzo). Anche un cinese risulta imbarcato con un documento intestato ad un’altra persona, rendendo il quadro più che mai chiaro: troppi falsi passeggeri a bordo per essere un caso. Al di là dello svolgimento dell’azione, se cioè si sia trattato di un attentato in volo o di un tentativo di dirottamento finito male (quest’ultima ipotesi è dettata dal fatto che l’aereo prima di inabissarsi ha cambiato rotta), resta la tragedia.

L’unico dubbio che si pone è se si sia trattato veramente di cittadini dello Xinjiang o di altra nazionalità: è vero che sono numerosi i cinesi con passaporto italiano o austriaco, ma si tratta di minoranze in genere note alle rispettive ambasciate, cosa che rende l’affiliazione terroristica alquanto problematica. E ancora: perché non ricorrere al furto di documenti di cittadini cinesi com’è stato fatto per il terzo terrorista? In genere chi fa queste azioni cerca di non destare la minima attenzione e un cinese di nazionalità italiana avrebbe suscitato un interesse diverso da un normale cittadino cinese in volo tra la Malaysia e Pechino. Insomma è possibile che i dirottatori non avessero necessariamente gli occhi a mandorla, lasciando il campo aperto ad altre ipotesi, più inquietanti.

Archivio Postille
6 Febbraio 2016
La crisi libica e la morte di Giulio
Archivio Postille
2 Febbraio 2016
Iowa: la vittoria di Cruz e della Clinton