14 Maggio 2014

Le rivelazioni di Geithner e il patto Renzi-Verdini

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A quanto pare ormai è storia: testimonianze varie indicano che l’ultimo governo Berlusconi è stato buttato giù, a colpi di Spread come si ricorderà, dalla casta europea che voleva al suo posto altri, più malleabili ai loro desiderata. Ultimo in ordine di tempo a raccontare questa vicenda è l’ex ministro Usa  Timothy Geithner. Ne parla in un volume appena uscito, che il 13 maggio è stato recensito sulla Stampa Paolo Mastrolilli. È l’autunno del 2011, scrive Geithner, e la crisi morde l’Europa  «a un certo punto, in quell’autunno, alcuni funzionari europei (nel testo scrive oficials, parola che indica alte burocrazie o personalità legate ai governi europei, ndr) ci contattarono con una trama per cercare di costringere il premier italiano Berlusconi a cedere il potere; volevano che noi rifiutassimo di sostenere i prestiti del Fmi all’Italia, fino a quando non se ne fosse andato […] Parlammo con il presidente Obama di questo invito sorprendente, ma per quanto sarebbe stato utile avere una leadership migliore in Europa, non potevamo coinvolgerci in un complotto come quello. “Non possiamo avere il suo sangue sulle nostre mani”, io dissi». Imprecisati funzionari europei hanno rilanciato le accuse al mittente, sarebbe stata l’America a voler mettere sotto tutela il governo italiano, ma la difesa non convince: l’arma con la quale si è consumato il delitto è lo Spread, differenziale tra titoli italiani e tedeschi, che in quei mesi è cresciuto a dismisura martellando il governo italiano e rendendolo sempre più fragile. E lo Spread, essendo un parametro che riguarda Italia e Germania, non può essere manipolato dagli Usa, a meno di immaginare che l’America sia in grado di manipolare in maniera massiccia la politica economica e finanziaria tedesca.

Anche Alan Friedman, nel suo Ammazziamo il Gattopardo, aveva evidenziato di come in Italia sia Prodi, sia Giorgio Napolitano, sia Carlo De Benedetti sapessero prima del tempo che la sorte del governo Berlusconi era segnata, delineando in qualche modo che anche queste figure facessero parte di questo disegno.

La parola complotto non piace. Piuttosto, come possibile, si è trattato di una convergenza di interessi tra quanti sognavano il ribaltone in Italia e quanti, in Europa, lavoravano per difendere gli interessi dei propri Paesi a scapito degli interessi altrui, in questo caso l’Italia e non solo (i Paesi del Sud Europa). Al di là delle rivelazioni dell’ex ministro del tesoro Usa e di altri, non ci voleva molto a capire che lo Spread, sigla esoterica che in quei mesi ha assunto un ruolo mai avuto né prima né dopo, era solo un pretesto per buttare giù il governo: appena il Cavaliere ha tolto il disturbo. tale indice si è magicamente rialzato per poi scomparire, o quasi, dall’orizzonte mediatico.

In parallelo alla crescita dello Spread, subivano un incremento le inchieste giudiziarie su Berlusconi (con annesse ossessiva campagne mediatiche), in particolare quel caso Ruby che oggi è tornato a far parlare di sé per un’anomalia (molti se ne sono accorti solo adesso), ovvero il fatto che a condurre l’inchiesta su un banalissimo giro di escort fosse nientedimeno che il capo del pool antimafia (e dire che a Milano la mafia non manca). La giustificazione data a questa bizzarria, ovvero che il fascicolo sia stato assegnato alla Boccassini dal capo della procura, se da un punto di vista strettamente procedurale chiude la questione, non fuga del tutto dubbi in proposito. Tale anomalia si somma a quella che vede come presidente della sezione della Cassazione che condanna il Cavaliere, per altro processo parallelo, un giudice sicuramente non all’altezza della situazione (e qui usiamo un eufemismo). Come un’altra anomalia è che sia nel processo Ruby, sia nel processo Mediaset (i processi subiti da Berlusconi in quel periodo), è stata chiesta la pena accessoria dell’interdizione ai pubblici uffici, mai chiesta in processi precedenti nei quali lo stesso era stato imputato. Richiesta che  avrebbe comportato, più delle altre pene, la decadenza del governo.

Sono anomalie e non altro che però, a torto o ragione, hanno alimentato il sospetto, in particolare da parte dei simpatizzanti dell’imputato (che poi sono milioni di elettori), che alcuni magistrati, e si sottolinea alcuni, abbiano agito secondo logiche che esulano dalle normali esigenze di giustizia forzando procedure e norme del codice penale. Proprio perché si trattava di procedere contro un esponente di tale rilievo nella politica nazionale, sarebbe stato meglio procedere con maggiore linearità evitando di alimentate sospetti e conflitti.

Non si tratta di difendere Silvio Berlusconi, che ha dimostrato limiti notevoli nel governo della cosa pubblica, ma certo c’è da fare chiarezza su quanto è successo in questi ultimi anni in Italia. Quel che ha denunciato l’ex ministro del Tesoro Usa configura una sovranità violata, limitata si diceva ai tempi della strategia della tensione, che un Paese non può tollerare, al di là delle simpatie o delle antipatie che suscita il singolo personaggio politico. In particolare se tali violazioni avvengono in danno dei cittadini italiani, costretti a pagare più tasse, a perdere posti di lavoro, chiudere le loro imprese perché altri cittadini di Paesi che dovrebbero partecipare di un destino comune (tale è la Ue) paghino meno tributi, incrementino l’occupazione e la produzione industriale.

Non si tratta solo di storia pregressa: la domanda è se al presente tali ingerenze a discapito dell’Italia siano ancora presenti e se l’attuale Presidente del Consiglio, che ha irriso le dichiarazioni di Berlusconi e indirettamente le rivelazioni di Geithner, debba rispondere del suo operato ai cittadini italiani o a circoli internazionali che hanno dimostrato capacità di ingerenza notevoli. Domanda banale ma non troppo.

Questa la domanda vera, al di là delle schermaglie del presente che vedono Berlusconi tentare di risalire la china utilizzando queste rivelazioni e i suoi avversari che ne rintuzzano l’offensiva con certa goffaggine. Un dubbio non secondario riguarda la tempistica della rivelazione. Al di là delle intenzioni, la narrazione dell’ex ministro del Tesoro Usa ha ridato fiato a Forza Italia, un partito che sembrava ormai in dismissione, falcidiato tra l’altro da nuove iniziative giudiziarie, rilanciandone l’immagine. Ma allo stesso tempo, dà un’ulteriore chanche, al di là delle fibrillazioni del momento, a quel patto Renzi-Verdini che appare come un lascito di quella pregressa ingerenza e che fino a ieri sembrava a rischio a causa della crescita del movimento Cinque stelle. L’accordo, infatti, può “stare” solo e soltanto se i due partiti avranno risultati positivi alle elezioni europee. È una cosa bizzarra l’eterogenesi dei fini, ma appartiene alla dinamica delle vicende politiche.

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