12 Dicembre 2013

Letta sfida Grillo: basta caos

Tempo di lettura: 2 minuti

Va in aula, Enrico Letta, di ritorno dal funerale di Mandela. E sembra rinfrancato sulla possibilità della tenuta del governo di centro-sinistra, com’è l’attuale (altre definizioni, quale quella delle «strette intese» appaiono improprie). Letta immagina di poter tenere testa alla marea montante del populismo di destra, leggi Berlusconi, di quello anarcoide, vedi i Forconi, e di quello dei grillini. E, allo stesso tempo, sembra sicuro di poter far fronte all’offensiva soft di Renzi che chiede un cambio di passo. E qui sta il nodo della questione: se cioè tiene il patto siglato con Renzi sul prolungamento del governo. È possibile che il sindaco di Firenze si sia dato una calmata, dal momento che se si va a elezioni a breve è alquanto scontato un ritorno del Cavaliere, almeno come forza elettorale. E forse anche un risultato dei grillini, che dopo l’exploit iniziale sono andati in calo. Così sembra essersi rassegnato ad attendere tempi più propizi e a contrattare con Letta i tempi della durata del governo e le riforme da fare. Ma il sindaco di Firenze sa bene che i tempi lunghi lo possono logorare e, allo stesso tempo, dare modo a Letta di crescere in popolarità, come unico politico che abbia a cuore la stabilità del Paese, cosa decisiva in questo momento di crisi. Quindi dubitare della fedeltà di Renzi al patto è esercizio di ragionevole prudenza.

 

Ieri Letta ha proposto un cambio di passo per il Paese, un nuovo inizio. Ed è indicativo il consenso esplicito ricevuto da Bersani (leader rottamato del Pd ma che non si rassegna ai giardinetti). Ha snocciolato le sue ipotesi di riforme, cercando, e sembra trovando, il consenso del reuccio di Firenze. Ma è un momento di stallo, la situazione è fluida e tutto può succedere. Soprattutto perché l’aria è densa di interrogativi minacciosi, che gravano sull’economia, ma anche sulla tenuta sociale, dal momento che i Forconi imperversano suscitando allarme nei servizi di informazione. Si temono escalation. 

 

Singolare il caso del leader del Forconi immortalato ieri in Jaguar. Pare sia un vecchio carabiniere che sogna uno stato retto dall’Arma, con i carri armati a presidiare le strade. Non siamo ancora all’Alba dorata in salsa italiana, ma lo scontento popolare è terreno ideale per certi ambienti oscuri di mestare nel torbido.

D’altronde negli ultimi anni i giornali hanno riportato come in diversi tink tank anglosassoni da alcuni anni si studino modelli di evoluzione della crisi economica italiana, immaginando che un grande malcontento popolare sarebbe stato brodo di coltura di movimenti eversivi. Pare che quei modelli si stiano realizzando. Sta a chi ha responsabilità di governo, e in generale alla classe dirigente italiana, dare risposte al più che ragionevole malcontento popolare, scongiurando degenerazioni.

Archivio Postille
6 Febbraio 2016
La crisi libica e la morte di Giulio
Archivio Postille
2 Febbraio 2016
Iowa: la vittoria di Cruz e della Clinton