3 Luglio 2013

Morsi non cede, i generali pronti al golpe in Egitto

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Morsi parla alla nazione e, pur ammettendo gli errori del Governo, ribadisce il suo rifiuto a dimettersi, scegliendo dunque di non cedere all’ultimatum dei militari, i quali gli avevano intimato le dimissioni entro le 5 di oggi pomeriggio.

Poteva essere un’uscita di scena salvifica per Morsi, il quale ormai conta numerose defezioni nel suo governo (abbandonato dai suoi tre portavoce, da una lista sempre più lunga di ministri, senza contare il premier Esham Qandil, del quale tuttavia il Presidente ha respinto le dimissioni). Anche Barack Obama, in una telefonata di ieri, ha tentato di convincere Morsi ad ascoltare le ragioni del suo popolo, trovando però dall’altra parte della cornetta un presidente egiziano tentennante, probabilmente incapace di gestire la situazione, soprattutto se si tiene in considerazione che, dietro di sé, Morsi ha un partito che ormai nel Paese è ridotto ad una esigua minoranza. E una minoranza probabilmente in preda alla disperazione, se tra i leader dei Fratelli Musulmani c’è anche chi, come Mohammed Al Beltagui, è arrivato a chiedere ai suoi il «martirio, per evitare questo golpe».

Intanto il ministro della difesa Abdel Fatah al Sisi e i suoi generali proseguono il confronto e, nel caso in cui Morsi dovesse rendere effettiva la sua scelta di restare, hanno redatto una bozza del «processo di transizione»: la road map prevede la sospensione della Costituzione, lo scioglimento del Parlamento e modifiche alla costituzione in pochi mesi, seguite da elezioni presidenziali anticipate. Sul versante dei gruppi d’opposizione, che hanno ritrovato una unità che finora sembrava impossibile, i Tamarrod hanno designato Mohamed el Baradei, ex direttore dell’Aiea e Premio Nobel per la pace, come loro portavoce.

E a favore dei manifestanti pare si sia espresso anche il Papa della Chiesa copta ortodossa d’Egitto, Tawadros II, il quale in un tweet, avrebbe scritto: «È meraviglioso vedere il popolo egiziano riprendersi in modo pacifico la Rivoluzione che è stata loro rubata».

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