1 Ottobre 2013

Ora il congresso del Pd potrebbe saltare

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In caso di elezioni ravvicinate, ha ammonito Massimo D’Alema, non ci sarà tempo per fare il Congresso del Pd, ma bisogna subito attrezzarsi per trovare un candidato della sinistra alla presidenza del Consiglio. Una piccola bomba, quella del leader maximo (o Massimo che dir si voglia), che ha provocato reazioni nel suo partito. Ed è una variabile nuova di questo nuovo scenario determinato dall’accelerazione impressa da Silvio Berlusconi.

Ma prima bisogna vedere quel che accadrà domani, quando Enrico Letta si presenterà al Parlamento a chiedere la fiducia. Nel Pdl la confusione è grande: Silvio Berlusconi ha parlato ai suoi, un discorso accorato allo scopo di compattare il partito, ma, al di là delle ovazioni e della solidarietà al leader, i malumori all’interno del Pdl non sembrano essere rientrati. Così Letta spera ancora che una parte del Pdl si dissoci dalla strategia di guerra adottata dal Cavaliere e accolga l’invito a far proseguire la legislatura. Ma anche lui ha i suoi paletti, di cui si è fatto portavoce il segretario del suo partito: no a una coalizione di governo rabberciata; si va avanti solo se a sostenerlo sarà un gruppo compatto e definito. La paura del Pd è quella di rimanere vittima delle sue stesse battaglie: dopo aver aspramente polemizzato con Berlusconi al tempo della scissione finiana e la conseguente “operazione Scilipoti” (quando il Cavaliere trovò in Parlamento una nuova maggioranza composta anche da transfughi di altri partiti, cosa normale in una democrazia parlamentare, a meno di corruttela), non vuole dare l’immagine di fare la stessa operazione. 

Il clima è avvelenato: a gettare sale sulle ferite una telefonata carpita a Berlusconi nel quale accusava il Capo dello Stato di ingerenza nella causa giudiziaria relativa al Lodo Mondadori. Telefonata subito pubblicizzata dai media.

Di veleno in veleno a rischiare di morire sotto la scure dell’aumento dell’Iva e il pagamento della seconda rata dell’Imu è l’Italia. Non solo, le Agenzie di Rating, in particolare Fitch, ricominciano il loro monitoraggio minaccioso. E le grandi aziende straniere sono pronte a fare shopping, a prezzi stracciati, degli ultimi gioielli di casa. È la tragedia causata da una classe dirigente inadeguata – che comprende politici, uomini di cultura, imprenditori e banchieri -, che ha trasformato in due decenni uno degli Stati fondatori dell’Unione europea in una Repubblica delle banane in salsa mediterranea.

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