11 Giugno 2015

Putin e il Papa

Putin e il Papa
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Ci sono visite di Stato che servono per accordi commerciali, altre che hanno valore geopolitico più o meno importante, quella del Presidente russo in Vaticano rischia di avere un valore storico. E questo al di là dei contenuti del colloquio, che pure hanno avuto la loro importanza.

 

Di tali contenuti ne hanno accennato i report successivi: si è parlato della crisi ucraina e il Papa ha chiesto a Putin di aumentare gli sforzi per giungere alla pace (agitando le mani, particolare che a molti, non a noi, è sembrato particolarmente significativo); e si è parlato della crisi del Medio oriente, guerra siriana e altro, temi sui quali il Presidente russo e il Papa sono in sintonia, dal momento che i due condividono l’anelito a stabilizzare la regione: il primo magari forse solo per mere ragioni geopolitiche, dal momento che la Russia vede minacciata la sua residua influenza in loco e teme danni ancor più gravi in futuro; il secondo per ragioni umanitarie (date le sofferenze che affliggono interi popoli) e cristiane (rischia di sparire la presenza cristiana nei luoghi dove è nato il dolce Gesù).

 

Significativo lo scambio di doni. Putin ha donato al suo interlocutore un ricamo d’oro raffigurante la Chiesa di Gesù Salvatore, spiegando che era stata distrutta in epoca sovietica ed è stata ricostruita: un rifiuto del passato sovietico e la sottolineatura dei (nuovi) fecondi rapporti con la cristianità (che sia ortodossa o cattolica nulla importa). Francesco ha corrisposto con l’usato medaglione dell’angelo della pace e una copia dell’enciclica Evangelii Gaudium, «La gioia del Vangelo che contiene tante riflessioni religiose, umane, geopolitiche e sociali». Già, anche il Vangelo ha la sua geopolitica, che dice che Gesù ha vinto il mondo, allora per l’oggi, tempo nel quale il diavolo è scatenato perché sa di aver già perso (immagine cara a don Giacomo Tantardini).

 

Ma al di là dei contenuti, il dato importante è altro: la visita del Presidente russo in Vaticano mina nel profondo la strategia volta a isolare la Russia dal contesto internazionale, ribadita anche il giorno precedente al vertice del G7 in Germania.

Francesco non si è voluto arruolare nella legione per i quali l’unica modalità di rapportarsi con Mosca è quella dello scontro all’ultimo sangue. In questo senso tale visita deve aver suscitato non poca irritazione in alcuni ambiti più che influenti.

 

Il Papa ha scelto la via del dialogo, non una scelta “buonista”, ma una posizione forte e alta. Siamo in un momento di tempo in cui il mondo è sconvolto da una «guerra mondiale fatta a pezzi», ha ribadito Francesco nella sua recente visita a Sarajevo. La visita di ieri va collocata in questa prospettiva: l’unico modo per attutire i venti di guerra, forieri di immani sofferenze per l’intera umanità, è ritrovare la via del dialogo perduto.

Una crepa si è aperta nel Muro che separa i due contendenti. Per questo la visita di Putin in Vaticano rischia di avere un valore storico. Dove la parola rischia ha la sua importanza.

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