16 Ottobre 2013

Schiaffo a Obama, default a un passo

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L’accordo trovato in extremis al Congresso Usa sul bilancio federale salta. I duri del Tea Party hanno rispedito al mittente le proposte loro riportate dallo speaker della Camera John Bohener. L’ala oltranzista ormai è bloccata nelle sue posizioni: o salta la riforma sanitaria o non approveranno l’innalzamento del tetto del debito pubblico. Mancano poche ore: domani il debito degli Stati Uniti toccherà quota 16.700 miliardi di dollari, oltre il quale lo Stato non sarà in grado di onorare le spese. Sarebbe il default.

Ma c’è anche chi pensa si tratti di una drammatizzazione eccessiva. Intervistato sulla Stampa da Francesco Semprini, Martin Fildstein, docente di economia di Harvard ed economista di autorevolezza internazionale, ha spiegato: «Il Fisco americano ha già raccolto proventi da tassazione e tributi sufficienti per pagare gli interessi sul debito oltre a qualche altra spesa, ancora per diverso tempo. Per capirci, tra ritenute d’imposta e anticipi trimestrali dei pagamenti, nei forzieri del Tesoro c’è già il 70% di quello che i cittadini americani dovrebbero pagare in tasse per il 2013. Quindi non ci sono possibilità che il default sia un esercizio praticabile».

Considerazioni certo significative. Ma resta che la drammatizzazione della data ha creato sconcerto nei mercati mondiali. E una delle tre sorelle del Rating, Fitch, ha annunciato che è pronta a declassare. Difficile che il mancato accordo tra repubblicani e democratici non abbia conseguenze più che nefaste.

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