4 Settembre 2014

La crisi ucraina a una svolta. Tra tante incognite

La crisi ucraina a una svolta. Tra tante incognite
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Il leader ucraino Petro Poroschenko ha annunciato che ci sarebbe un accordo per il cessate il fuoco in Ucraina. La Russia conferma, anche se Putin ovviamente deve dire che l’accordo non si fa con Mosca dal momento che non è parte del conflitto, ma con i filorussi ucraini, i quali si sono detti disposti a trattare. A questo proposito Putin ha esibito al mondo un documento per arrivare alla pace: una road map in sette punti di assoluta ragionevolezza.

La notizia della svolta ucraina è rimbalzata sulle agenzie internazionali inattesa, dal momento che i media riflettevano un milieu politico-militare occidentale affetto da pericolosa euforia bellicista. Tra le altre cose era stata annunciata la creazione di una forza di intervento rapido da parte della Nato, la cui discesa sul campo di battaglia potrebbe innescare una pericolosa escalation.

È ancora presto per dire che è finita, dal momento che l’annuncio di pace è stato mitigato da dichiarazioni successive. E Arseniy Yatsenyuk, protégée dell’ambasciatrice neocon americana a Kiev Victoria Nuland andato al potere grazie al colpo di Stato – o rivoluzione – di piazza Maidan, ha annunciato la creazione di un Muro tra Ucraina e Russia (sul punto rimandiamo a una Nota). Uno dei tanti segnali che indicano che certi ambiti non si rassegnano a una appeasement con Mosca.

Obama, al di là di alcune dichiarazioni muscolari, ha affermato che non esiste una soluzione militare alla crisi, ma solo politica:  si ricordi che il governo di Kiev dopo la sollevazione delle province orientali imboccò proprio questa strada, identificando i rivoltosi come terroristi e privandoli così di ogni legittimità di interlocuzione.

Tanti motivi di questa svolta. Tra questi il fatto che sul piano militare, quello sul quale si erano improvvidamente inerpicati gli ambiziosi governanti di Kiev, la guerra è finita e ha vinto Putin. Un rapporto segreto della Nato circolato in questi giorni, pubblicato da Der Spiegel e ripreso ieri dalla Repubblica online, lo spiegava nel dettaglio: guerra ormai persa, anche in caso di discesa in campo di un’eventuale forza di intervento rapido Nato.

Questo sul piano militare. Ma non è certo che i neocon, ucraini ed esteri, prendano atto della situazione, stante certa follia “rivoluzionaria” che anima tali ambiti. Anche se si arriverà a un cessate il fuoco, il confronto con Putin sembra destinato a continuare su altri livelli.

Oltre alle sanzioni, che difficilmente saranno ritirate (anzi), non sembra ci siano spiragli per una ripresa dei contatti tra l’Occidente e lo zar di Mosca, che certi ambiti vogliono relegare in un angolo (anche se in un angolo non è affatto, come dimostrano i rapporti con la Cina e tanti altri Paesi). Resta aperto anche un altro fronte, forse più decisivo, quello dell’energia. Intervistato sulla Stampa il 1 settembre, l’ex direttore della Cia James Woosley, spiegava che «la leva fondamentale è l’energia […] Mosca, per tenere in pareggio il suo bilancio ha bisogno che il prezzo del barile non scenda sotto i 117 dollari: se cala oltre quella soglia va in default, perché non ha altre attività economiche significative […] Nel momento in cui la Russia vedesse scendere i suoi ricavi energetici sotto la soglia di sopravvivenza economica, sarebbe costretta a cambiare linea o a fermarsi per mancanza di risorse. Il risentimento e l’instabilità interna diventerebbero insostenibili per Putin». Anche per questo Putin ha dato grande risalto all’inaugurazione del nuovo gasdotto che porta il gas russo in Cina e che sarà completato nel 2017: la sua portata è pari a quella del South Stream, che porta l’energia russa in Italia.

Ma cosa è successo veramente in questo conflitto? Al di là delle fantasie riguardanti una massiccia invasione di Mosca (ne abbiamo accennato in una Nota), si è trattato di un classico confronto da Guerra Fredda: anche allora l’Occidente e la Russia si confrontavano in guerre locali, sostenendo sottotraccia gli opposti schieramenti con intelligence, armi, logistica e soldati (il ferimento del generale americano Key Randy Allen e l’uccisione di tre ufficiali Usa nel corso di combattimenti del luglio scorso non lascia dubbi che la Nato abbia inviato propri militari “volontari”, come avvenuto nel campo opposto, a meno di non pensare che i quattro si trovassero in Ucraina in gita premio). Ma al tempo esistevano limiti dei quali entrambi i contendenti erano consapevoli, che evitavano una escalation globale di tipo nucleare (l’unico pericolo si corse con la crisi cubana, ma non si trattava di un conflitto).

La diversità rispetto al passato è che ambiti occidentali, ben circoscritti ma potenti, hanno accarezzato l’idea di poter fare strike subito, mettendo fuori gioco Putin (vedi anche Woosley). Anche a costo di scatenare una guerra mondiale, come ha paventato, ovviamente in altri termini (ovvero accusando della cosa l’avversario), il neocon polacco Donald Tusk appena eletto presidente del Consiglio europeo. Questo nella superba certezza che mai e poi mai Putin avrebbe fatto ricorso all’atomica (anche se Putin ha ricordato loro che la Russia è ancora potenza nucleare). Una scommessa. In un mondo occidentale dominato da una finanza selvaggia che vive di scommesse, vedi future e derivati, forse tale scommessa può apparire una strategia perseguibile, ma resta una follia. Certo è che non si sarebbe arrivati a questa svolta se anche in Occidente, sottotraccia, Putin non avesse trovato interlocutori disposti a porre fine a questo sanguinoso conflitto, forse anche spaventati dalla piega che stava assumendo la situazione. Non tutti in Occidente sono disposti a sacrificarsi sull’altare dei progetti neocon.

Difficile prevedere il futuro. Ci limitiamo a constatare che anche con il cessate il fuoco la situazione Ucraina resterà alquanto instabile. L’economia è al collasso, tanto che il 2 settembre il parlamento ucraino ha ratificato le dimissioni del ministro dell’Economia Pavlo Cheremeta (il quale, tra l’altro, ha rimproverato gli attuali dirigenti di Kiev di perpetuare il sistema di corruttela del passato governo, come riporta il sito Wall Street Italia); così il forte malcontento sociale può crescere se non intervengono aiuti esterni finora prosciugati da questa stolida guerra. A complicare le cose le milizie neonaziste che in questi mesi hanno più volte sfidato apertamente gli alleati di governo inscenando manifestazioni di piazza e dando luogo a disordini. Situazione instabile, quindi, come accaduto in passato in tutte le nazioni che hanno avuto a che fare con la follia neocon (Iraq, Siria, Libia e altre). Ma né l’Europa né la Russia possono permettersi che l’Ucraina sprofondi nel baratro, cosa che può favorirne la stabilizzazione.

Tanto ancora da vedere, in bene e in male. Ma oggi prendiamo atto con gratitudine di questa piccola svolta, seppur incerta e precaria, che può preludere alla conclusione di questo assurdo conflitto nel cuore dell’Europa. Un piccolo spiraglio per il futuro.

 

 

Ps. Ieri, mentre Putin squadernava la sua road map per giungere a un accordo tra Kiev e filorussi, il sito Russia Today ha dato notizia che Sara Vernooij, portavoce del Dutch Safety Board, l’Ente chiamato a svolgere l’inchiesta sull’abbattimento dell’aereo malese sui cieli ucraini, ha dichiarato che «un rapporto preliminare sulle ragioni del disastro dell’MH17 della Malesia Airlines sarà rilasciato entro giorni. Comunque ci vorrà un anno per un indagine completa che risponda a tutte le domande».

Tempi insolitamente lunghi, avendo a disposizione le scatole nere. E considerando che il Capo del Dipartimento di Stato americano e altre fonti autorevoli in Occidente hanno dichiarato di avere in mano prove decisive che accusano i filorussi. Tra queste anche immagini satellitari che ad oggi non ha visto nessuno (eppure immagini satellitari sulla presunta invasione russa in Ucraina hanno ingolfato giornali e tv). Le uniche immagini radar e satellitari viste dal mondo finora sono solo quelle russe, nelle quali si vede distintamente l’aereo civile cambiare rotta, venire affiancato da un jet militare di Kiev che volava ad un’altezza  inconsueta e tanto altro. Si rimanda chi non avesse letto in proposito, a una postilla precedente.

 

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