16 Giugno 2015

Tragedia greca

Tragedia greca
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Ancora una fumata nera per la Grecia, l’ennesima. Gli esami non finiscono mai: tale considerazione esistenziale che Eduardo De Filippo ha condensato nel titolo di una sua nota commedia ha in questo drammatico tira e molla ai quali sono sottoposti i leader greci una rappresentazione icastica.

 

Il nodo gordiano della questione è noto: i greci denunciano che l’austerità imposta loro dall’Europa in cambio degli aiuti pregressi ha solo peggiorato la situazione (la loro ovviamente, che quella delle banche europee debitrici è alquanto florida avendo scaricato i debiti accumulati in loco sui cittadini europei); la Troika non vuole recedere e condiziona ulteriori aiuti a una ulteriore austerità (… di austerità in austerità con austerità che non hanno fine).

 

E quella che è una banale contrattazione tra creditori è diventata nel tempo un nodo gordiano, impossibile da sciogliere ai comuni mortali.

Servirebbe un’alzata di genio, quella che fece intuire ad Alessandro di tranciare quel nodo con la spada. Ma di geni a Bruxelles e dintorni se ne vedono pochini, almeno a stare a quanto accade.

 

I rischi di questa situazione sono altrettanto noti: la Grexit, l’uscita della Grecia dalla zona euro, può rivelarsi un bagno di sangue non solo per Atene, ma per l’Europa intera, che rischia di subire perdite economico-finanziarie al confronto delle quali le cifre oggetto dell’attuale trattativa potrebbero rivelarsi bruscolini. Senza contare gli eventuali contraccolpi di natura politica: il revanscismo di Alba Dorata in Grecia, l’inizio di una stagione di instabilità nell’Europa del Sud, e altro e più nefasto.

 

Una tragedia, che, come quelle che i classici greci hanno regalato all’umanità, si dipana verso la conclusione senza che si intravedano possibilità di esiti positivi. Tutto già scritto dal destino: è la Necessità, Ananke – che per i greci era divinità imperscrutabile – a guidare le cose.

 

Le richieste greche, che si basano su un rilancio immaginato al di fuori dei canoni dell’austerity, nel tempo si sono smussate, tanto che Tsipras in patria subisce l’attacco della sua sinistra (è considerato troppo morbido). Non è successo altrettanto a Bruxelles, dove la via del compromesso è impossibilitata dai limiti ideologici di una casta autoreferenziale.

 

Una casta che è il punto conclusivo e insieme di decadenza del capitalismo occidentale, che negli ultimi anni ha sviluppato, in parallelo con altre ideologie fondate sulla religione, un proprio radicalismo e un proprio fondamentalismo. Ha trionfato sul suo storico nemico, il comunismo (quello cinese è un comunismo sui generis, asiatico), ma anche su quelle varianti “sociali” del capitalismo, che hanno avuto nel New Deal e nel keynesismo (e nello sviluppo dell’Italia post-bellica fondato su una economia mista pubblico-privato) modelli di successo.

 

Una tragedia, peraltro, che mette in luce tutti i limiti della cosiddetta “scienza” economica moderna. L’uso delle virgolette è necessario per una pretesa arte i cui apprendisti stregoni non hanno saputo prevedere la grande crisi finanziaria ed economica che si è abbattuta sul mondo; che con pervicacia degna di miglior causa hanno elaborato ricette anti-crisi che hanno solo peggiorato la situazione; che, messi alle corde dai loro stessi errori, sono stati in grado di elaborare (come soluzione finale dietro la quale non si intravede che il baratro) solamente il cosiddetto Quantitative easing, nome altisonante per indicare la stampa di moneta in quantità industriale.

 

Una misura quest’ultima – adottata anche dalla Bce – che è stata celebrata sui media come una trovata geniale, ma che in realtà copre il vuoto assoluto di idee, di prospettive e di capacità di indirizzo (a stampar moneta sono capaci tutti).

Un vuoto che si riflette anche in questo inane tira e molla che prolunga i morsi della povertà per milioni di greci e le cui conseguenze saranno pagate ancora una volta dai cittadini europei.

 

C’è ancora qualche possibilità di un esito positivo? Non siamo indovini, possiamo solo registrare che l’America, o almeno parte di questa, ha mostrato tutta la sua preoccupazione per l’ipotesi della Grexit, se non per altruismo, almeno per interesse (anche loro avrebbero la loro parte di guai) e questo potrebbe aiutare a trovare un compromesso.

Ma al momento sono tante le pulsioni ostative (il termine è precipuo perché siamo nel campo dell’irrazionale) che non si può sperare neanche nella vittoria del buon senso.

Resta il miracolo. Come insegna l’Italia degli anni ’60, a volte avvengono anche in campo economico.

 

Nell’immagine: Grecia, file per procurarsi qualcosa da mangiare.

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