24 Aprile 2014

Una riforma per la rinascita democratica dell'Italia

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In un panorama politico alquanto piatto, con Berlusconi che inizia il suo servizio alternativo al carcere, pena molto leggera in realtà ma altamente simbolica, mentre il suo partito si dissolve e si dilania, si segnala una denuncia del capogruppo del Movimento Cinque stelle al senato, Maurizio Buccarella. In un post pubblicato sul sito dei parlamentari del M5S, Buccarella segnala le analogie, anzi l’identità, tra il progetto di riforma del Senato ideato dallo staff renziano e quello delineato nel Piano di rinascita democratica redatto all’interno della P2 al tempo delle trame eversive messe in opera dalla potente loggia segreta, e sequestrato a Licio Gelli al tempo delle sue disavventure giudiziarie. 

Nel Piano di rinascita democratica si chiedeva che il Senato fosse ridimensionato, riducendone a 250 i membri – ridimensionamento numerico presente anche nel progetto renziano – e che questi fossero «di rappresentanza di secondo grado (quindi non elettiva), regionale, degli interessi economici sociali e culturali, elevando da 5 a 25 quello dei senatori a vita di nomina presidenziale, con aumento delle categorie relative (ex parlamentari, ex magistrati , ex funzionari e imprenditori pubblici, ex militari)».

Anche nella riforma Renzi i senatori dovranno essere non elettivi, ma scelti in base a una rappresentanza di secondo grado: 108 sindaci e 21 presidenti di Regione. E, come nel Piano di rinascita democratica, anche Renzi prevede di innalzare i membri cooptati dal Presidente della Repubblica: saranno 21, ma poco cambia.

In effetti le analogie sono tante e Buccarella ha indubbio merito nell’aver ripescato quel vecchio documento che conserva, si è visto, qualche attualità. Certo, c’è chi irriderà il solito complottismo, e però scripta manent.

Ma d’altronde era alquanto scontato che il bacino ideale dell’ex sindaco di Firenze fosse da individuarsi in certi ambiti toscani ai quali, tra l’altro, appartiene Denis Verdini, l’esponente di Forza Italia che ha siglato l’accordo con Renzi e noto alle cronache giudiziarie per la vicenda P4.

Di bizzarra ironia il fatto che un fondamento del Piano di “rinascita democratica” sia riproposto dal leader del partito “democratico”, fautore tra l’altro di una nuova idea di Italia, una rinascita appunto. Ma al di là, è puro esercizio di cronaca registrare come la P2 abbia continuato a vivere sottotraccia nonostante i problemi che hanno afflitto il venerabile maestro toscano; basta tornare alla memoria alle inchieste su Balducci, su Bisignani e Verdini (e altri) e alle relative P3 e P4 (e tanto altro). D’altronde, se c’era una P2, venuta alla luce solo nel corso degli sviluppi di un’inchiesta giudiziaria, ci dovrà pur essere stata una P1, i cui iscritti non sono mai stati resi pubblici.

 

 

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