Martini e la bellezza della liturgia
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Il 31 agosto, l’Avvenire ha pubblicato un ricordo del cardinale Carlo Maria Martini tratteggiato dal suo cerimoniere, monsignor Giacomo Mellera. Nelle sue memorie, Mellera «fa emergere aspetti poco conosciuti del suo “superiore”: l’attenzione alla liturgia, all’adorazione eucaristica (“fatta sempre in silenzio e lontana dal chiacchiericcio delle sacrestie”), al primato della Parola di Dio». In particolare, Mellera ricorda un particolare relativo al periodo successivo al suo incarico a Milano: «Pur vivendo lontano a Gerusalemme o a Galloro ha continuato a celebrare la Messa in rito ambrosiano, quasi a non dimenticare mai il suo legame con la sua diocesi di elezione. Mi ricordo che negli ultimi anni da arcivescovo mi confidò in un’amabile lettera: “Caro don Giacomo sei riuscito anche a farmi cantare in rito ambrosiano”; era convinto che una celebrazione senza il canto fosse morta. Rammento ancora la sua ironia, di quando andavamo in visita a san Fedele per il tradizionale Te Deum di fine anno, nel “non badare troppo alla trasandatezza liturgica dei miei confratelli”». E ancora: «Mi colpì quando indossando per una festa dell’Epifania una croce d’oro, appartenuta a Montini e dono di Giovanni XXIII un giovane gli chiese se avesse paura di essere contestato per questo oggetto, a suo dire sfarzoso, e la sua ferma risposta: “Questo è il posto giusto”».