20 Marzo 2014

L'Ucraina tra Oriente e Occidente

L'Ucraina tra Oriente e Occidente
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Nei giorni di piazza Maidan tante voci anonime hanno affollato i giornali spiegando le ragioni della rivolta. Così anche noi abbiamo trovato una voce proveniente da quel lontano Paese al centro dell’interesse internazionale, Veronica ucraina, che ha pure studiato le cose prima di rispondere alle nostre domande, chiamando a raccolta amici e parenti. E l’autorevolezza della sua voce è almeno pari a quella dei tanti suoi concittadini che sono stati interpellati dai giornali italiani in questi giorni di alta tensione. È dell’Ucraina orientale, Veronica, e parla russo – come tutti lì – anche se dopo la rivoluzione l’insegnamento di questa lingua cede il passo all’ucraino. Un provvedimento che lei non comprende, dal momento che in quelle zone non sono solo russofoni, come spiegano giornali, ma russi tout court, ché la loro storia e la loro identità è quella russa. Le frontiere tracciate dopo la dissoluzione dell’ex impero sovietico non appartengono alla storia, ma alla politica contingente degli ultimi anni.

Parla dei giorni di piazza Maidan, Veronica, ricordando come tutto è precipitato dopo l’incontro tra Putin e il presidente Yanukovich, quando, in opposizione al patto russo-ucraino siglato tra i due, le spinte filo-europee si sono intensificate. E le manifestazioni di piazza si sono infiammate. I neonazisti l’hanno fatta da padroni, a piazza Maidan e altrove, racconta la ragazza, e oggi, dopo che hanno preso il potere, destano profonda preoccupazione. Parla di cori e slogan contro i russi e gli ebrei, che secondo questi settori – Settore Destro è uno di questi gruppi – devono abbandonare il Paese. Ma anche delle comparse che hanno affollato quella piazza diventata famosa, persone pagate profumatamente dai sostenitori della rivolta per fare massa critica: un giorno di manifestazione era retribuito con l’equivalente di oltre un mese di lavoro. Ora, dopo che il colpo di Stato, o rivoluzione, si è consumato, la minoranza russa, maggioranza ad Oriente, ha paura. Girare per il Paese con un documento di una qualche regione orientale, che identifica come filo-russi, è rischioso. Ma è solo un esempio tra tanti che Veronica snocciola al telefono.

Futuro incerto, per uno Stato diviso tra Oriente e Occidente da una faglia che l’attraversa giù, nel profondo, anche se la nostra interlocutrice insiste nel ribadire che sono divisioni artificiose, ché tutti sono fratelli, hanno lo stesso sangue e la stessa storia. Ma è anche il presente che morde: l’incertezza, oltre a creare tensioni politiche e suscitare apprensione, deprime un’economia già in crisi. Dopo gli ultimi rivolgimenti, l’economia ucraina è precipitata nel baratro. Le imprese chiudono e la moneta locale, dall’inizio delle manifestazioni di piazza, è andata in picchiata, particolare che per la gente comune è più importante di altre considerazioni. Il nuovo Presidente chiede l’elemosina in giro per il mondo, nella speranza di racimolare qualcosa, spiega Veronica, ma lo spettro della povertà è duro da scacciare. Le imprese chiudono, nessuno investe, tutto è fermo in attesa di un incerto futuro.

Racconta di un Paese profondamente corrotto, dove serve dare il “pizzo” per qualunque cosa: per passare un esame, per trasportare merce da un posto all’altro. Una corruzione capillare, che accomuna gli uomini delle istituzioni alle forze di polizia. E senza soluzioni di continuità: la corruttela endemica ha attraversato i governi arancioni guidati da leader filo-occidentali come Viktor Yuschenko e Juljia Timoschenko ed è proseguita con l’ex filo-russo Viktor Yanukovich. Della Timoschenko, donna diventata simbolo di libertà in Occidente e per questo onnipresente sui media, spiega come sia invisa a tutta la popolazione date le passate ruberie per le quali era finita in carcere. Tanto che, nonostante sia osannata dai media occidentali, è stata fischiata anche dai manifestanti quando ha provato ad arringare la folla di piazza Maidan subito dopo la sua liberazione (ma l’attuale primo ministro è un suo uomo). Si era presentata in sedia a rotelle, quel giorno, a testimoniare la sua resistenza a un regime oppressivo, mentre il giorno prima era stata immortalata in piedi accanto ad alti funzionari Usa (ci sono le relative foto sui siti)… Ma d’altronde la politica ucraina è usa a queste messe in scena: Veronica rammenta come il vecchio leader filo-occidentale Yuschenko guadagnò fama e popolarità internazionale quando, mostrando il suo volto deformato, sostenne di esser stato avvelenato nell’ambito di un oscuro complotto filo-russo. Si scoprì poi che quella trasformazione era stata causata da una malattia.

Veronica racconta dell’incertezza del futuro e della sua perplessità di fronte ai resoconti dei giornali occidentali sulla vicenda ucraina, schierati in massa contro Putin: evidentemente chi scrive non conosce bene le vicende e la storia del Paese.

La situazione al momento è fluida e densa di incognite. Ora che la Crimea è diventata russa e l’Occidente si è irrigidito ancora di più nel suo anti-putinismo, il futuro dell’Ucraina è ancora più incerto. E non certo roseo. Quella faglia che divide a metà il Paese può provocare un terremoto. Sul municipio di Donetsk, città orientale famosa anche per la sua squadra di calcio, un giorno i filo-russi alzano la bandiera dell’ex impero, il giorno dopo i filo-ucraini l’ammainano per alzare la loro, racconta Veronica. Sono scaramucce, certo, ma sintomatiche di uno scontro che può degenerare in qualcosa di più serio.

Il dialogo – tra le due anime dell’Ucraina e tra Oriente e Occidente – è esercizio difficile, ma è l’unica strada per evitare nuove tragedie nel cuore dell’Europa.

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