L'attacco di Kursk ancora in corso, questione di tempi
L’offensiva ucraina nella regione di Kursk prosegue. Nonostante sia una mossa dissennata, non è un fuoco di paglia, tanto che su Itar Tass si legge che “la situazione operativa nella regione di Kursk rimane difficile”. Lo sfondamento iniziale, al quale hanno partecipato un migliaio di soldati, si è rafforzato con nuovi afflussi, che hanno compensato le perdite e aggiunto nuova massa critica all’attacco.
Che l’offensiva sia stata ben organizzata e celi insidie per i russi lo denota anche quanto si legge sul sito dell’Institute of study of war, la creatura della famiglia Kagan, capataz dei neoconservatori Usa. Il bollettino che l’ISW sforna quotidianamente dall’inizio della guerra, al contrario di quanto fatto finora, non fornisce dettagli né sulle forze ucraine impiegate nell’attacco né sulle tattiche, per “evitare di compromettere la sicurezza operativa” dell’offensiva.
Spiega solo che l’attacco di brigate meccanizzate è stato condotto con “tattiche e capacità tecnologiche diverse e innovative” e che le forze ucraine non mirano a controllare le aree russe prese di mira, piuttosto, dopo essersi suddivise in manipoli più o meno massivi, si muovono velocemente grazie ai mezzi impiegati per colpire e subito ritirarsi, così da evitare la reazione nemica.
L’effetto sorpresa
Lo sfondamento e il dilatarsi dell’offensiva sono stati resi possibili sia dall’effetto sorpresa sia, soprattutto, dal fatto che la zona era presidiata da pochi effettivi russi. Le cose sono cambiate, ovviamente, e Mosca ha iniziato a far convergere nell’area altre unità, ma l’effetto sorpresa ha avuto conseguenze anche sotto questo profilo, dal momento che i russi hanno avuto problemi nel decidere quali forze inviare per contenere e respingere l’offensiva ucraina.
Il Comando russo, infatti, deve evitare di sguarnire altri fronti per non offrire nuove opportunità al nemico; deve poi armonizzare l’invio di truppe nella regione con i piani offensivi riguardanti il Donbass; infine, sui media russi si nota l’attenzione a inviare sul posto truppe con esperienza, dal momento che dovranno vedersela con le truppe scelte ucraine, molte delle quali composte da mercenari (leggi forze Nato sotto l’egida di compagnie private).
Infine, è da vedere quante forze l’Ucraina getterà nella falla che si è aperta sulla frontiera russa (Avia-pro riferisce di 20-30mila uomini, un numero che appare eccessivo, ma lo riportiamo per dare un ordine di grandezza massimo tra quelli scorti sui media).
Ad oggi, i russi stanno ancora riorganizzandosi dopo la sorpresa iniziale e, peraltro, sono cauti nell’approccio all’avversario, volendo evitare perdite eccessive o di far cadere i loro uomini in trappole. Da considerare anche che la prima attenzione delle autorità russe è stata per i civili, deliberatamente presi di mira dalle forze attaccanti, dovendo portarli fuori dal raggio di azione della guerra.
Detto questo, ormai la sorpresa non è più tale e le forze russe stanno mettendo su il necessario apparato difensivo e per le forze ucraine mandate al macello non ci sarà scampo. L’unica variabile di tale prospettiva è il tempo.
La crisi di Kursk e quella mediorientale
Inutile dire che “le innovazioni tecnologiche” e le “nuove tattiche” usate nell’occasione dagli ucraini, come anche le armi, sono della Nato. In tal modo, la Nato ha invaso la Russia, usando dei fantaccini ucraini e di suoi soldati travestiti da mercenari. Follia da terza guerra mondiale: si può immaginare se la Russia facesse qualcosa di simile contro l’America?
Al di là di considerazioni tanto ovvie, nella nota di ieri, avevamo accennato allo scopo dell’attacco, riguardo il quale avevamo tirato in ballo anche la tempistica. Sempre la tempistica, aiuta a capire anche altro.
Infatti, dà un’altra indicazione, stavolta di natura simbolica: il 9 agosto di 25 anni fa Boris Eltsin passava il testimone a Vladimir Putin, che da capo dell’FSB ascendeva al ruolo di zar. L’attacco ucraino, dunque, mirava anche a macchiare tale ricorrenza, che sarebbe stata celebrata in ben altro modo dai media russi.
Ma la tempistica suggerisce anche altro e ben più importante. Si tenga conto che la guerra mediorientale e quella ucraina ormai sono diventate cose che si richiamano tra loro, criticità di un unico fronte di attrito tra Oriente e Occidente. D’altronde forte è il legame tra Netanyahu e i neocon Usa, suoi accesi sostenitori nonché primi gestori dei burattini ucraini.
Così si può notare che l’attacco nella regione di Kursk si è dipanato in parallelo con l’acuirsi della conflittualità tra Israele e i suoi nemici regionali a seguito dell’assassinio del capo di Hamas, Ismail Haniyeh.
Sia quell’assassinio che l’attacco a Kursk avevano come obiettivo il perpetuarsi della guerra infinita, tanto cara ai bellicosi neocon e al loro sodale Netanyahu, guerra che, in tal modo, continua a divampare lungo tutta la linea di attrito tra Oriente e Occidente.
Non sappiamo se l’offensiva di Kursk abbia anche lo scopo di far pressione su Putin perché a sua volta faccia pressione sull’Iran affinché eviti di reagire all’omicidio di Haniyeh. Ma una domanda in proposito non appare affatto fuori luogo.
Estate calda, anzi caldissima.