26 Aprile 2021

Biden come Sanders: vuole tassare i ricchi

Biden come Sanders: vuole tassare i ricchi
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Biden vuole imporre tasse sui ricchi. Un tempo sarebbe stata un’ovvietà, ma negli anni recenti suona eresia, dato che va contro il turbocapitalismo d’assalto che ha predato risorse alla classe medio-bassa per consegnarle a una ristretta cerchia di élite.

Eppure Biden si era affermato anche grazie all’appoggio di tale ambito – i cosiddetti masters of the universe, come da definizione definitiva del loro cantore David Ignatius -, al quale l’isolazionismo, e altro, di Trump stavano stretti.

Biden e l’élite

Anzi, proprio tale élite ha dato la spinta decisiva, grazie alla sua presa sui social-media. E, però, evidentemente Biden non è consegnato a tale ambito. D’altronde, se così fosse, Jeff Bezos non avrebbe sollecitato la discesa in campo di Bloomberg, che si propose come front runner dei democratici.

Una corsa fallimentare la sua, che Biden sta tenendo presente, come spiega Ezra Klein in un interessante articolo del New York Times.

D’impatto l’incipit del suo articolo: “Joe Biden si è svegliato e si è reso conto di aver sbagliato per 30 anni”. Secondo Klein, Biden si è finalmente reso conto delle distorsioni del turbocapitalismo e ci vuol mettere mano.

Tanti i fattori che agevolerebbero tale prospettiva. Anzitutto il fatto che, per la prima volta, i democratici possono fare a meno di trattare con i repubblicani, fautori, sin dai tempi della Reaganomics, del turbocapitalismo in questione (alimentato anche dalle presidenze democratiche, da Clinton, che ne dilatò al massimo le potenzialità, a Obama, di cui Biden era vice).

Secondo Klein, non è vero che i programmi economici di Biden siano semplicemente da attribuirsi alla crisi pandemica, in realtà essi “sono un atto di accusa radicale allo status quo pre-pandemico, un disastro sia per gli uomini che per il pianeta – uno status quo, peraltro, che in molti casi Biden ha contribuito a costruire e certamente non ha mai avuto il desiderio di ribaltare”.

Generazione Sanders

Qualcosa è cambiato, appunto. Secondo Klein un altro fattore decisivo per avviare tale cambiamento è stato l’arrivo nell’amministrazione Usa di una nuova generazione di democratici, più radicali, con il fenomeno Bernie Sanders come punta dell’iceberg di un movimento diffuso e dilagante.

Si tratta di una generazione che è “diventata maggiorenne negli anni delle crisi finanziarie, con i debiti delle persone schizzati alle stelle, gli scontri razziali e l’emergenza climatica”. Una generazione che ha visto crescere in maniera vertiginosa la diseguaglianza sociale ed economica.

“La nuova generazione di economisti si sta ribellando ai propri predecessori concentrandosi sulla disuguaglianza nello stesso modo in cui la mia generazione si ribellò contro i suoi predecessori concentrandosi sugli incentivi”, spiega nell’articolo di Klein Larry Summers, Segretario del Tesoro con Bill Clinton e direttore del National economic council con Barack Obama.

Gli economisti non capiscono la politica

La frustrazione costante di Obama – scrive Klein – era che i politici non capivano l’economia. La frustrazione costante di Biden è che gli economisti non capiscono la politica“.

“Molti economisti, sia interni che esterni all’amministrazione Biden, mi hanno detto che questa è un’amministrazione in cui economisti e analisti finanziari sono molto meno influenti di quanto non fossero nelle passate amministrazioni. Alcuni erano delusi, altri pensavano che fosse un vero e proprio riequilibrio dei ruoli […] gli economisti sono una delle tante voci del tavolo, non le voci dominanti. Ciò anche per la natura di Biden: egli ha una mentalità meno accademica ed è scettico sul modo con cui gli economisti vedono il mondo e la società”.

Questa amministrazione ha presente “i fallimenti della passata generazione di esperti di economia. Quindici anni di crisi finanziarie, disuguaglianze impressionanti e reiterati momenti di panico a causa di un debito che non ha avuto alcun corrispettivo sui tassi di interesse, hanno reso opaco lo splendore degli economisti”.

Anche per quanto riguarda la cosiddetta emergenza climatica Biden ha intrapreso nuove vie: cancellando l’era della tassa sul carbonio, ritiene che tale emergenza sia un problema politico e che l’idea della tassa sul carbonio sia talmente “lontana dalla realtà politica da risultare molto pericolosa”.

Biden, da moderato a radicale

Il presidente americano, continua Klein, è un politico e non vuol fallire. Vuole rispondere alle esigenze dei cittadini americani, i tanti che hanno appoggiato la campagna di Bernie Sanders. Sa che se non risponderà alle loro esigenze, i loro voti andranno ai conservatori. E si muove di conseguenza.

“Anche quando Biden si è candidato come moderato alle primarie democratiche – conclude Klein – la sua agenda era già più a sinistra di tutto ciò che aveva sostenuto in precedenza. Ma poi ha fatto qualcosa di insolito: alle elezioni presidenziali, invece di spostarsi al centro, è andato ancora più a sinistra”.

“E lo stesso è accaduto dopo aver vinto le elezioni. […] Sta enfatizzando l’idea che sia irresponsabile permettere che i problemi sociali ed economici peggiorino […] La sua amministrazione è definita dalla paura che il governo non stia facendo abbastanza, non che stia facendo troppo”.

Quadro ovviamente fin troppo elogiativo, e in parte irenico, ma l’idea di fondo, che con Biden la politica vuole riprendere, almeno in parte, il ruolo dal quale l’ha estromesso l’economia, ha un suo fondamento.

 

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