La Brexit o della fine dell'Impero britannico
Tempo di lettura: 4 minutiCome scontato, Boris Johnson vince le elezioni. E vince il popolo britannico chiamato nuovamente a esprimersi sulla Brexit, dato che i cultori della globalizzazione avevano provato ad annullare l’esito del referendum.
Ci hanno provato con la lunga melina, quella che ha impedito a Theresa May, che ha le sue colpe, di dar seguito alla vittoria del Leave.
Certo, aveva trovato il contrappunto dei brexiteers, ma soprattutto quello degli ambiti cosiddetti globalisti. Da qui lo stallo, che ha addirittura portato i cittadini della Gran Bretagna a votare per le elezioni europee nonostante avessero deciso di uscirvi.
La speranza-certezza dei globalisti era che quelle elezioni correggessero l’errore, l’incidente di percorso del referendum, ché il popolo britannico è europeo e certo il referendum era stato falsato, addirittura per l’influenza dei russi (Time), come avvenuto per l’elezione di Trump…
Invece le europee hanno ribadito il Leave, che ieri ha vinto per la terza e definitiva volta.
La Brexit e la fine di un mondo
Per tanti e potenti ambiti internazionali è un tracollo. Sapevano che la Brexit era la fine di un mondo, il loro mondo, quello della globalizzazione sacra – perché religione indiscutibile – e selvaggia – cioè consegnata all’arbitrio feroce -, di cui sono padroni.
La fine di un mondo, anche se ora puntano alle prossime presidenziali americane in cui sperano di abbattere Trump per rilanciare la loro insana prospettiva globalista. Disperati, non si danno per vinti.
Non per nulla l’atto di accusa formale contro Trump per la procedura di impeachement è arrivato il giorno prima del voto britannico.
Così la vittoria di Boris è anche una vittoria di Trump, che ne esce rafforzato (The Hill). Il mondo sta cambiando, nonostante gli stop and go obbligati dal duro contrasto.
E l’ordine globale del post ’89 (Piccolenote), quello nato nel sangue della prima Guerra irachena, che vedeva nel mondo un villaggio globale e assegnava agli Stati Uniti il bastone del comando di tale villaggio (Wikipedia), si sta erodendo velocemente.
Detto dell’America e della Gran Bretagna, resta da dire dell’Unione europea, che l’uscita di Londra renderà ancor più germanocentrica.
Del nuovo Sacro Romano Impero (quarto Reich)
Gigante economico e nano politico, caratteristiche proprie di Berlino che la sua egemonia sul Vecchio continente ha dilatato su scala europea, la Ue ha posto le basi del suo rilancio nell’incontro tra la Merkel e Macron ad Aquisgrana, riproponendo al mondo un nuovo Sacro Romano Impero (Agenzia radicale).
La Germania ha certa propensione a reiterare gli errori del passato, e riproporre un quarto Reich, dopo la caduta del terzo, quello nazista, non porta bene a nessuno.
Certo, Berlino si è scrollata di dosso quell’eredità nefasta, ma piuttosto che aprirsi a prospettive nuove si limita a riesumare i fantasmi di un passato che non può tornare.
Da qui anche certa ostinazione nella germanizzazione dell’Europa, condannata alla sconfitta prima ancora di strutturarsi definitivamente, come dimostra il crollo del sistema bancario tedesco, ormai praticamente in default e tenuto su solo da un mondo che paventa un crollo del sistema creditizio globale.
Un tracollo del credito che Berlino spera di riparare continuando a vampirizzare le risorse degli altri Stati europei, non capendo che la loro rovina sarà anche la sua e che la loro ricchezza, invece, sarebbe anche la sua…
La fine dell’Impero britannico e il secolo asiatico
Ma tralasciando i nani, occupiamoci dei giganti. In particolare di quello asiatico, ovvero la Cina, protagonista globale insieme al possibile asse anglosassone, che la vittoria di Boris e di Trump andrà a ricostituire.
Ieri il Global Times salutava – in anticipo – la vittoria della Brexit registrando che essa pone definitivamente fine all’Impero britannico, il più esteso della storia, che al suo apice controllava un quarto del pianeta e un quinto della popolazione mondiale.
L’Impero ridimensionato sta tentando il rilancio tramite l’arrocco (cioè la Brexit). Così almeno sperano i suoi fautori, che paventavano la sua estinzione nella più larga ecumene europea-tedesca.
Detto questo, la Brexit sancisce la fine di quell’impero, la cui influenza globale è ormai erosa, con particolare riguardo all’Asia, scrive il Gb, dove più a lungo era allignata dato il peso che ha avuto nella storia britannica la Compagnia delle Indie orientali.
Così la Brexit coincide cronologicamente col rilancio dell’Asia come protagonista della scena mondiale. E il XXI sarà il “secolo asiatico”, scrive il Gb, e secolo asiatico a trazione cinese.
C’è propaganda in questo scritto, ma anche un fondo di verità. Insomma, ieri la Gran Bretagna ha fatto ancora una volta la storia.
La Russia, intermediaria tra Oriente e Occidente
Così, riassumendo, un’altra ferita, forse mortale, è stata inferta alla globalizzazione selvaggia, rilanciando, forse, l’asse anglosassone e, insieme, il ruolo dell’Asia.
La Russia si è riposizionata in fretta, agganciandosi all’asse asiatico, ma mantenendo la sua propensione occidentale, proponendosi dunque come intermediaria tra mondi diversi (Piccolenote).
L’Europa registra l’ennesima sconfitta. E con lei i media mainstream che hanno trattato il referendum sulla Brexit come fuggevole incidente di percorso.
Media che oggi pontificano sul nulla, senza scusarsi per le Fake News del passato, cosa che sarebbe necessaria per sintonizzarsi col mondo e per interrogarsi sul futuro di un Continente che sembra destinato all’insignificanza globale.