4 Gennaio 2021

Coronavirus: ci vorrebbe una Norimberga

Coronavirus: ci vorrebbe una Norimberga
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Ormai è il segreto di pulcinella: l’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali, non ha dato l’autorizzazione al vaccino di Astrazeneca, quello prodotto da Oxford grazie ai ricercatori italiani, per un combinato disposto di motivi politici ed economici.

Era pronto da ottobre, ma è stato bloccato per ragioni pretestuose. Sul punto rimandiamo ad alcuni articoli pubblicati su Dagospia, inutile entrare nel dettaglio. I due articoli citati non possono esplicitare il motivo principale, ovvero che il vaccino non doveva essere pronto prima delle elezioni americane, per non dare a Trump un grande vantaggio nella competizione elettorale.

Tale il motivo principale, ma non l’unico. Come spiega Dagospia. Ci sono in ballo 50 miliardi di dollari in vaccini da distribuire al mondo. E quello di Oxford è concorrente pericoloso, dato che costa molto meno dell’altro, con un abbattimento dei costi anche della distribuzione, dato che al contrario dei vaccino tedesco-americano, non necessita, per essere conservato, di refrigeranti sofisticati in grado di raggiungere i meno sessanta gradi.

Ci sono in ballo non solo i soldi della distribuzione, ma anche quelli dell’investimento di Washington e Berlino, oltre quelli delle stesse case farmaceutiche che l’hanno prodotto; soldi che andrebbero in fumo se al loro vaccino fosse preferito quello italo-britannico.

Dato l’enorme potere che aveva contro, il governo britannico avrebbe trattato col “nemico”, così Dagospia, acconsentendo a ritardare l’annuncio in cambio di un accordo favorevole sulla Brexit.

Così Londra ha iniziato a distribuirlo ai suoi cittadini solo a Brexit conclusa. Ricostruzione credibile, che spiega anche il basso profilo scelto da Boris Johnson sul punto: nessun proclama sul vaccino oxfordiano, solo un placet alla distribuzione. Con l’Agenzia del farmaco europea che, ovviamente, continua a tenere il punto.

Il discorso si potrebbe allargare al vaccino russo, pronto ancor prima di quello britannico, e osteggiato per gli stessi motivi, ai quali si aggiunge una motivazione geopolitica: non si poteva accettare che a salvare il mondo dalla pandemia fossero i russi. Un successo di immagine per Mosca e per Putin era, ed è, del tutto inaccettabile.

Su quest’ultimo punto abbiamo già scritto, registrando come lo scandalo Navalny abbia accompagnato in maniera puntuale gli annunci di Mosca sul vaccino; un modo, anche questo, per togliere credibilità a tali successi.

Ma al di là del caso russo, e al di là delle controversie sul caso Navalny, resta l’immane scandalo dell’ostruzionismo interessato al vaccino di Oxford. A quanto pare era pronto a ottobre, una circostanza che ci risulta anche da informazioni pervenute, al tempo, alla nostra redazione.

L’articolo si potrebbe chiudere con questa ricostruzione, registrando che, in fondo, siamo alle solite. Così va il mondo, quando ci sono in ballo così tanti interessi, politici, geopolitici ed economici.

Se non fosse che, nel caso specifico, stiamo parlando di qualcosa che va oltre l’usuale vittoria dei forti e prepotenti. Stiamo parlando di una pandemia che ha falcidiato vite e destini in tutto il mondo, che già a ottobre poteva essere affrontata in maniera adeguata grazie al vaccino oxfordiano.

Il tempo, in tempo di pandemia, è di importanza vitale. Si sarebbero risparmiate decine, se non centinaia, di migliaia di vite umane; si sarebbe alleviata di molto la devastazione economica causata dalla pandemia (durante la quale tanti stanno arricchendosi in maniera smodata, sempre a proposito di forze ostative); sarebbero stati eliminati prima blocchi e restrizioni alla vita privata, che, seppur necessari, stanno producendo danni enormi ai cittadini.

Stiamo parlando, dunque, di uno scandalo di portata enorme. E di responsabilità pesantissime per quanti hanno perpetrato tale scempio. Proprio tale enormità lo rende indicibile e non perseguibile.

In tempo di pandemia si è scomodato un termine che in passato era legato a ben altro orrore, cioè l’Olocausto. Si tratta della parola “negazionismo“, brandita come un maglio contro quanti vanno controcorrente rispetto alla narrazione pandemica profusa da media e autorità, siano essi pazzi o semplicemente persone che pongono domande.

Non entriamo nel merito, tale assurdità necessita di una nota a parte, anzi, in questa sede accogliamo anche noi il termine proposto dalla narrativa ufficiale, con tutto il peso (pondus) che tale terminologia comporta (che è peso di portata sacrale).

Così, per stare alla narrazione, il crimine perpetrato in questi mesi dagli ambiti di cui sopra dovrebbe avere un’analoga sede di giudizio. Ci vorrebbe una Norimberga.

Non avverrà, perché allora vinse la parte giusta ed ebbe la possibilità di aprire un Giudizio. I vincitori di questa guerra sono altri. E saranno loro a scrivere la storia e, del caso, ad allestire tribunali.

 

Una nota a margine crediamo meriti, appunto, l’abuso del termine negazionismo perpetrato in questa temperie pandemica e riguarda la comunità ebraica, che avrebbe titolo di elevare proteste per tale assurdità, che ha come effetto un parallelo riduzionismo. Non è possibile comparare gli orrori di Auschwitz all’attuale flagello, che, seppur di portata epocale, ha tutt’altra genesi, dinamiche e conseguenze.