23 Giugno 2021

Crimea e Taiwan: le inutili battaglie navali

Crimea e Taiwan: le inutili battaglie navali
Tempo di lettura: 3 minuti

Iniziano a farsi pesanti i giochini da battaglia navale che imperversano un po’ in giro per il mondo. Nello stesso giorno l’HMS Defender ha navigato al largo delle coste della Crimea, venendo intercettata da navi e aerei russi, che le hanno sparato contro alcuni colpi di avvertimento, mentre il cacciatorpediniere USS Curtis Wilbur ha attraversato lo Stretto di Taiwan, mettendo in massima allerta la Difesa cinese.

La Gran Bretagna (che nega i colpi di avvertimento) ha rivendicato la propria libertà di navigazione, dato che la nave di Sua Maestà navigava in acque internazionali o, al limite, ucraine, ché Londra, come tanto mondo, non riconosce l’annessione della Crimea alla Russia.

Questioni di diritto internazionale che s’intersecano alla geopolitica, ma era ovvio che i russi, che stavano conducendo delle esercitazioni in quei mari, che a stare al Guardian sarebbero stata comunicate come da prassi, avrebbero accolto di malagrazia quella che considerano un’intrusione.

Né si comprende come l’attraversamento dello Stretto di Taiwan da parte di una nave da guerra americana possa giovare alla causa della libertà dell’isola, che peraltro, tra parentesi, a differenza della Crimea, il mondo intero, America compresa, riconosce come parte della Cina.

Riguardo quest’ultima missione, il Global Times rammenta che non è la prima volta che accade una cosa del genere, anzi, e che presumibilmente la mossa sarebbe servita a ricordare alla Cina che l’America sa essere presenta in quei mari anche senza l’ausilio delle portaerei, dato che l’unica portaerei che batteva quelle acque, la USS Ronald Reagan, è stata dirottata verso l’Afghanistan, per accelerare il ritiro delle truppe americane da quel Paese.

Probabile, anche, che la Us. Navy abbia voluto rispondere a suo modo alla recente dimostrazione di forza dell’aviazione cinese, che alcuni giorni fa ha inviato sui cieli di Taiwan uno stormo di aerei da guerra, il più imponente dispiegamento aereo mai inviato verso l’isola.

Mossa a sua volta nata in reazione alla nuova dottrina Nato, che alcuni giorni fa, durante il viaggio di Biden in Europa, ha modificato la sua dottrina e suoi precedenti obiettivi, identificando la Cina come la più grande minaccia che il cosiddetto mondo libero si trova ad affrontare e mettendola nel mirino.

Il tira e molla su Taiwan è destinato a durare, con la Cina che non è disposta a rinunciare alla sovranità dell’isola, che peraltro si è vista sottrarre in seguito a un conflitto nefando, la Guerra dell’oppio, scatenata contro Pechino in nome della libera circolazione della droga, che essa aveva osato contrastare minacciando di togliere alle potenze coloniali i lucrosi profitti derivanti dal narcotraffico.

Come risulta del tutto sterile anche il braccio di ferro sulla Crimea, alla quale la Russia non rinuncerà mai nonostante le dure proteste in proposito, tanto quanto la Gran Bretagna non è disposta a rinunciare alla isole Falkland, che ha difeso con le armi dalle legittime aspirazioni argentine (benché esercitate in occasioni del conflitto da un regime dittatoriale).

Ciò perché, alle ragioni storiche, che vedono la Crimea regalata all’Ucraina da Chruščëv, si aggiungono quelle geopolitiche, che fanno della penisola l’unico e indispensabile aggancio mediterraneo della Russia.

C’è tanta follia in questo sfoggio muscolare che si dipana sui mari, che non sembra avere altro obiettivo se non quello di esercitare inconcludenti pressioni psicologiche sull’avversario geopolitico, dato che non possono portare nessun risultato, ché l’unico modo per strappare la Crimea alla Russia è una guerra nucleare e il destino di Taiwan si gioca sul filo di un equilibrio (che è meglio non rompere), che vede Taipei, di fatto, del tutto autonoma da Pechino, ma formalmente non indipendente, ché una deliberazione in tal senso equivarrebbe a una dichiarazione di guerra, anch’essa atomica se l’isola fosse difesa dall’America (cosa che probabilmente eviterebbe).

Ma finché c’è guerra c’è speranza, recita il titolo di un film di Alberto Sordi. Così finché la Nato o l’Us Army potranno far passare tali missioni come indispensabili alla libertà del mondo e alla difesa americana, continueranno a ricevere i munifici emolumenti del caso, sottratti a scopi meno inutili e meno pericolosi per la pace del mondo.

 

 

 

Mondo
6 Dicembre 2024
Ucraina: trattative in corso
Mondo
4 Dicembre 2024
Corea del Sud: il golpe fallito