6 Settembre 2025

Gaza: l'Assemblea generale dell'Onu può inviare una forza difensiva

di Davide Malacaria
Gaza: l'Assemblea generale dell'Onu può inviare una forza difensiva
Tempo di lettura: 3 minuti

“Israele, con la complicità degli Stati Uniti, sta commettendo un genocidio a Gaza attraverso la fame di massa della popolazione, così come omicidi di massa diretti e la distruzione fisica delle infrastrutture di Gaza. Israele fa il lavoro sporco. Il governo degli Stati Uniti lo finanzia e fornisce copertura diplomatica attraverso il suo potere di veto presso le Nazioni Unite”.

“Palantir, tramite Lavender, fornisce l’intelligenza artificiale per un efficiente omicidio di massa. Microsoft, tramite i servizi cloud Azure, e Google e Amazon, tramite l’iniziativa Nimbus, forniscono l’infrastruttura tecnologica di base per l’esercito israeliano. Questo segnala come i crimini di guerra del XXI secolo siano forgiati tramite un partenariato pubblico-privato tra Israele e Stati Uniti”. Inizia così un articolo di David Sachs pubblicato su al Jazeera nel quale il celebre economista elenca alcuni provvedimenti con cui il mondo, che nella sua stragrande maggioranza depreca quanto sta avvenendo a Gaza e in Cisgiordania, può tentare di porre un argine alla “macchina omicida israelo-americana”.

Rimandando all’articolo per i dettagli sui sei provvedimenti più o meno realistici che, secondo Sachs, i Paesi del pianeta dovrebbero prendere per far pressione su Israele, riferiamo i due più interessanti. Questo il primo: “L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA), con un voto dei due terzi dei presenti e votanti, dovrebbe sospendere Israele dall’Assemblea Generale finché non toglierà il suo sanguinoso assedio a Gaza, sulla base del precedente della sospensione del Sudafrica durante il regime di apartheid. Gli Stati Uniti non hanno diritto di veto all’Assemblea Generale”.

Più incisivo l’ultimo punto: “L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dovrebbe inviare una Forza di Protezione delle Nazioni Unite a Gaza e nella Cisgiordania occupata. In genere, sarebbe il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a istituire una forza di protezione, ma in questo caso gli Stati Uniti bloccherebbero il Consiglio con il loro veto. C’è un’altra soluzione”.

“In base al meccanismo ‘Uniting for Peace’, quando il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si trova in una situazione di stallo, l’autorità di agire passa all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Dopo una sessione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e il quasi inevitabile veto degli Stati Uniti, la questione verrebbe portata all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nello specifico nella decima sessione speciale di emergenza sul conflitto israelo-palestinese”.

“In tale sede, l’Assemblea Generale può, con una maggioranza di due terzi non soggetta al veto degli Stati Uniti, autorizzare una forza di protezione in risposta a una richiesta urgente dello Stato di Palestina. Esiste un precedente: nel 1956, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite autorizzò la Forza di Emergenza delle Nazioni Unite (UNEF) a entrare in Egitto per proteggerlo dall’invasione in corso da parte di Israele, Francia e Regno Unito”.

“Su invito della Palestina, la forza di protezione entrerebbe a Gaza per garantire aiuti umanitari d’emergenza alla popolazione affamata. Se Israele dovesse attaccare, la forza di protezione delle Nazioni Unite sarebbe autorizzata a difendere se stessa e i palestinesi di Gaza. Resta da vedere se Israele e gli Stati Uniti oseranno combattere una forza sotto mandato dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per proteggere i palestinesi affamati”.

Un meccanismo complesso, ma non impossibile. E resta la domanda finale di Sachs, alla quale è davvero difficile rispondere. Israele attaccherebbe, non si può più escludere nulla data la follia dilagante, ma non senza la protezione Usa, che però dovrebbe fare i conti con l’opinione pubblica interna (la maggioranza degli americani si oppone al genocidio).

La domanda conseguente è se Cina e Russia, le uniche potenze che potrebbero fungere da deterrente in tale scenario ad alto rischio globale, ingaggerebbero le proprie forze.

Al di là delle tante domande che tale scenario evoca, la sollecitazione-provocazione di Sachs giunge benvenuta e non casuale, dal momento che si avvicina la sessione dell’Assemblea generale dell’Onu, che inizierà il 9 settembre.

Questa dovrebbe tenersi a New York, dove il condizionale discende da una controversia recente, nata a seguito dell’esclusione del tutto illegittima della delegazione palestinese dall’assise, decisa dall’amministrazione Trump che ha negato i necessari visti alla delegazione.

Per ovviare a tale brutale follia, alcuni voci si sono levate affinché l’Assemblea generale, o almeno parte di essa, si tenga nella sede delle Nazioni Unite di Ginevra, spostamento che consentirebbe la partecipazione della delegazione palestinese.

Tale spostamento ha un precedente, e sempre a proposito di Palestina: quando, nel 1988, gli Usa negarono il visto a Yasser Arafat, l’Assemblea generale Onu si tenne a Ginevra così da consentire all’allora capo dell’Olp di parteciparvi.

Alcuni siti hanno riferito che tale sollecitazione sarebbe stata recepita, ma non risulta da fonti autorevoli o ufficiali, o almeno non ne abbiamo rinvenuto. Così ad oggi, in attesa di conferme o smentite, lo riferiamo come speranza.

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