15 Ottobre 2015

Il conflitto arabo-israeliano e un nuovo sogno di pace

Il conflitto arabo-israeliano e un nuovo sogno di pace
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Sulla Repubblica del 14 ottobre Marek Halter si interroga circa la tragica situazione del conflitto arabo-israeliano, che si è acceso di nuove tensioni a seguito della terza intifada e della stretta dello Stato israeliano.

 

Purtroppo, spiega Halter, gli accordi di Oslo sono cosa che ormai appartiene al passato, finiti con la «morte di Rabin», così che la «soluzione dei due Stati è diventata obsoleta perché irrealizzabile». Allora «la sola alternativa al caos è […] l’apertura di nuovi orizzonti perché, oggi più che mai, è necessario gridare nelle piazze israeliane e palestinesi che un altro futuro è possibile». Ed egli individua una possibilità di riconciliazione nella «Confederazione della Palestina», vecchia ipotesi lanciata allora «dal padre fondatore della Tunisia moderna, Habib Bourghiba».

 

Tale Confederazione vedrebbe l’unione di Giordania, Cis-Giordania e Israele, ovvero la Palestina storica, riconosciuta come tale, secondo Halter, dai tempi dell’imperatore Adriano. Una «entità più grande» che, a immagine dell’Europa, includa tutti i popoli di queste nazioni moderne, «ognuno di essi rimanendo comunque indipendente».

 

Purtroppo, spiega Halter, il sogno dei due Stati è divenuto illusione, e in «Israele sono i religiosi che vincono, perché portano avanti il sogno messianico. Perciò c’è bisogno di un nuovo sogno per tutti gli altri». Certo, conclude lo scrittore franco-polacco, l’idea della Confederazione sarà criticata, ma «sia israeliani che palestinesi devono sapere e devono soprattutto credere che una soluzione esiste» (titolo articolo: La nuova violenza allontana la pace Il mondo torni al sogno di Rabin).

 

Nota a margine. Abbiamo riportato l’articolo di Halter perché fa il paio con un altro intervento, stavolta sulla Stampa del 3 ottobre, di Abraham Yehoshua. Anche lo scrittore israeliano parte dalla constatazione del fallimento della soluzione dei due Stati, per scrivere: «Per uscire da una trappola che vanifica ogni fruttuosa e concreta discussione fra le fazioni è importante tentare un approccio diverso, anche solo a titolo di esercizio intellettuale, e prendere in considerazione una soluzione bi-nazionale che potrebbe generare nuove idee di tipo federativo (con la Giordania o senza) o cantonale (sull’esempio della Svizzera) per riportare una speranza di pace concreta» (titolo articolo: In Israele uno Stato binazionale).

 

Il fatto che due diversi pensatori che per tanti anni hanno sperato nella formula dei due Stati indipendenti abbiano iniziato a prendere in considerazione una nuova ipotesi per porre fine all’annoso conflitto (anche se con idee diverse nei dettagli), ci è parso di sicuro interesse. Perché fotografa un momento di transizione dove nuove tragedie di questo conflitto si mischiano a nuovi fermenti.

 

Ma, soprattutto, perché al di là della ragionevolezza delle ipotesi formulate e della loro possibilità di riuscita, segnala che tanti, in ambito ebraico, non si rassegnano alla sconfitta di un sogno più grande, che poi è quello di trovare una soluzione a un conflitto che dura da troppo tempo.

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