Il dialogo necessario tra Usa e Russia
Tempo di lettura: 3 minutiChiunque sia il prossimo presidente degli Stati Uniti dovrebbe rivedere le modalità con la quale gli Stati Uniti si rapportano con la Russia. Così una nota del National Interest che spiega come il confronto a tutto campo con Mosca abbia portato come “risultato un ‘pericoloso vicolo cieco’ tra due potenze che possiedono circa il 90 per cento delle armi nucleari del mondo”.
“Per quanto l’establishment della politica estera statunitense possa non gradire – continua il NI -, ci sono alcune questioni che Washington non può cambiare. Questo è particolarmente vero per gli eventi che si verificano vicino ai confini della Russia”, dove il riferimento è all’attivismo americano per alienare prima l’Ucraina e ora la Bielorussia da Mosca.
“Come ha dimostrato l’Ucraina – spiega il NI -, Mosca è disposta ed è in grado di spendere risorse militari e affrontare le conseguenze economiche delle sue decisioni quando l’intervento è necessario al proprio interesse nazionale”.
Tanto è vero che l’allontanamento di Kiev da Mosca ha devastato l’Ucraina ed è rimasto a metà, mentre l’attivismo Usa in Bielorussia rischia di avere come risultato un più stretto legame tra questa e la Russia.
Gli Stati Uniti, prosegue la nota, devono essere consapevoli “di quanta scarsa influenza abbiano nelle aree prossime alla Russia; e devono capire che una posizione attiva degli Stati Uniti nei Paesi confinanti alla Russia molto spesso rende la situazione più disastrosa”.
La Russia non è più l’Urss
Gli Stati Uniti, spiega, devono capire che Mosca non è più il gigante sovietico. La sproporzione tra l’economia russa e americana sul piano economico è imponente, con ricadute anche sulla spesa in ambito militare, dato che per “la difesa missilistica, le capacità marittime e le munizioni [gli Stati Uniti, ndr.] spendono più di quanto la Russia spenda per l’intero esercito”.
Tale sproporzione fa sì che Mosca non “ha la capacità o le risorse finanziarie per sostenere un’operazione militare su larga scala, per non parlare dell’occupazione di uno stato membro della NATO”.
Ma “sebbene la Russia non possa competere con gli Stati Uniti, non può nemmeno essere ignorata. Il paese rimane la più grande potenza nucleare del mondo con una storia orgogliosa e una forza complessiva in grado di proiettare una notevole potenza militare. Che si tratti della Georgia nel 2008, dell’Ucraina nel 2014 o della Siria nel 2015, la Russia schiererà la forza militare se ciò sarà necessario per preservare la sua posizione geopolitica”.
Considerazioni realistiche, che rendono pretenziosi i piani per erodere ulteriormente gli spazi di influenza di Mosca, in particolare nei Paesi che la geografia e la storia ha reso legati a doppio filo a Mosca.
E, allo stesso tempo, rende inevitabile il ripristino di una linea di dialogo tra le due potenze, per evitare conflitti a rischio, stabilire linee rosse invalicabili, ma anche aree di cooperazione, come ad esempio la proliferazione nucleare (e il contrasto al Terrore, come richiesto più volte da Mosca).
Così conclude il NI: “Il problema non è tanto se gli Stati Uniti e la Russia possano intrattenere rapporti amichevoli, quanto su come le due nazioni possano arrivare a una comprensione di fondo sui reciproci interessi di sicurezza”.
La folle corsa degli Stranamore Usa
Tanto realismo in queste considerazioni. Il problema in questi anni si è originato da un dato sottolineato dal testo. La grande sproporzione economica, e quindi di apparato militare, tra le due potenze ha portato taluni Stranamore di Washington – di estrazione sia politica sia militare – a mettere in atto una strategia che aveva come obiettivo l’erosione degli spazi di influenza russa, immaginando che il confronto indiretto con Mosca (in Paesi a questa collegati) avrebbe avuto esito positivo.
Tale erosione, nei loro piani, avrebbe provocato, poco a poco, un indebolimento complessivo di Mosca, in termini sia economici sia di capacità militare. Anche perché, in parallelo, si stava procedendo a recidere i legami tra la Russia e i Paesi legati a Washington, iniziando dall’Europa, e, allo stesso tempo, si spingeva Mosca a nuove spese militari, sia impegnandola in una nuova corsa gli armamenti sia costringendola a impiegare più a fondo l’esercito a presidio dei suoi confini nazionali.
A questi ultimi obiettivi mirava la rescissione del trattato sulle armi nucleari a medio raggio e il dispiegamento militare massivo della Nato ai confini russi.
Ma se è vero che Mosca è stata costretta a impiegare sempre più risorse per la Difesa, l’idea che tale dispendio di energie possa provocare un collasso di Mosca, tale infatti l’obiettivo finale della strategia di cui sopra, è illusoria. Nonostante tutto, la Russia conserva e conserverà capacità tali da poter evitare di essere ridotta al rango di potenza marginale della geopolitica globale.
La strategia degli Stranamore di Washington è così destinata al fallimento. E ulteriori spinte in tale direzione rischiano solo di innescare reazioni non più gestibili. Da qui la necessità per l’America di un approccio più realistico, sia che il prossimo presidente sia Biden sia nel caso di una rielezione di Trump, che pure ha tentato (invano dato il contrasto interno) la via del dialogo.