17 Settembre 2021

La Nato asiatica contro la Cina

La Nato asiatica contro la Cina
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L’accordo tra Stati Uniti, Australia e Gran Bretagna per contrastare la Cina segna l’inizio di una nuova era della geopolitica, nella quale trova pieno compimento la spinta del trumpismo.

Già durante la presidenza Trump, infatti, il confronto col Dragone si era incendiato, con i democratici che denunciavano tale politica come pericolosa per la pace del mondo.

Peraltro, non fu Trump a spingere in tale direzione, dato che sul punto dovette cedere alla pressione degli ambiti che lo sostenevano, facendo cadere la sua prospettiva di un accordo globale con Russia e Cina.

La vittoria dell’idealismo sul realismo

Quest’ultima prospettiva era l’unica foriera di una de-escalation internazionale e Trump la mutuò dal suo vero consigliere per la politica estera, Henri Kissinger, che aveva una visione più realistica dei supporter delle guerre infinite e dei fautori di uno scontro esistenziale con la Cina.

Kissinger non era, infatti, un tossicodipendente dell’eccezionalismo americano, che porta tanta Politica e Sicurezza americano ad abbracciare, in un modo o in un altro, una visione in cui il mondo è prono alla Potenza Usa.

Ma questo è il passato, il presente vede appunto tale eccezionalismo riproporsi sotto altra forma: non più l’America gendarme del mondo, ma Potenza leader della crociata anti-cinese.

Così il trumpismo senza limitismo, così il nuovo vento che spira da Washington. Del trumpismo, la nuova amministrazione ha ripreso anche il concetto di America First, declinato non più in maniera brutale, ma idealistica. Non si brandiscono, come prima, gli interessi, ma, più ipocritamente, i valori.

Proprio l’America First è alla base dell’accordo con l’Australia per sviluppare la sua flotta di sottomarini nucleari. Una commessa che Canberra aveva affidato alla Francia, con un’impegno strappato in tutta fretta e senza dare nessuna spiegazione a Parigi, cosa che ha procurato a quest’ultima 90 miliardi di dollari di danni.

Al pari, discendente dal trumpismo è il coinvolgimento della Gran Bretagna, non più la nazione reproba che ha osato sfidare la globalizzazione, perché anzi tale intesa sdogana e consacra la Brexit e ricrea quell’asse anglosassone che la globalizzazione aveva reso obsoleto.

D’altronde nel proscenio asiatico serve la Gran Bretagna, che ha ancora rapporti debiti e indebiti con le ex colonie, dall’Australia alla Nuova Zelanda, dal Pakistan all’India e all’Indocina.

Nasce la Nato asiatica

L’accordo in questione, chiamato Aukus, è solo una pedina di un progetto più ampio, dato che dovrebbe essere il primo embrione della Nato asiatica insieme al Qaud, che associa India, Giappone, Usa e Australia.

I Paesi membri del Quad si ritroveranno il 24 settembre alla Casa Bianca, per un summit che il Washington Times definisce “storico“, dato che dovrebbe segnare l’inizio ufficiale della nuova era del confronto Usa-Cina.

Tutto secondo il trumpismo senza limitismo, senza però la prosopopea che l’accompagnava.

Bizzarro che l’Unione europea abbia mosso guerra a Trump per scongiurare sia questo scenario che quello “realista” di un accordo tripartito Usa-Cina-Russia.

Nela Ue si immaginava che, sconfitto Trump, si sarebbe riformato l’asse Usa-Ue come egemone del mondo, invece il contenimento della Cina la relega ai margini molto più che l’accordo tripartito Usa-Cina-Russia, anzi ne mette addirittura in dubbio la sopravvivenza.

Sul sito dell’Atlantic Council, think tank di grande influenza, Barry Pavel immagina che quanto sta avvenendo riporti la Francia ai tempi del nazionalismo di De Gaulle. Ipotesi non remota, dato che il rilancio di Londra passa per l’affondamento della Ue.

Tanti hanno ripreso il commento all’Aukus dell’ex ambasciatore francese a Washington, Gérard Araud, che ha parlato di una “pugnalata alla schiena“, espressione forte perché rievoca l’analoga usata dai transalpini per l’attacco dell’Italia fascista alla Francia.

Le follie della nuova Guerra Fredda

Ma al di là dell’arduo destino della Ue, e della povera Italia consegnata alla tecnocrazia, va segnalato che l’inizio ufficiale della Guerra Fredda alla Cina, accompagnata ai suoi esordi, come quella con l’Urss, da un maccartismo becero e repressivo, ha fatto infuriare Pechino, che vede definitivamente infranto il suo sogno di un accordo con Washington, agognato dall’era Trump.

Tale Guerra Fredda sarà molto più pericolosa di quella con l’Urss, perché l’America sa che può perderla, a differenza della precedente che era segnata dal suo inizio a causa dello squilibrio economico dei protagonisti.

E perché accompagnata dalla superfetazione dell’eccezionalismo americano avvenuta durante le guerre infinite, fenomeno che fu risparmiato al mondo durante il pregresso confronto Usa-Urss.

Per fare un esempio, Michele Flournoy, che l’establishement Usa aveva caldeggiato come ministro della Difesa di Biden, disse a Foreign Policy che la marina statunitense avrebbe dovuto essere in grado di “minacciare in modo credibile di affondare tutte le navi militari, i sottomarini e le navi mercantili cinesi nel Mar Cinese Meridionale in 72 ore“.

Dichiarazione folle che ritorna in questi giorni. Nel commentare l’intesa con l’Australia, Matthew Kroenig, vicedirettore dello Scowcroft Center for Strategy and Security dell’Atlantic Council, scrive sul sito ufficiale di questo think tank: Per scoraggiare l’aggressione militare cinese, Washington e i suoi alleati hanno bisogno della capacità di affondare la marina cinese in settantadue ore”.

“I sottomarini d’attacco che stiamo aiutando a costruire in Australia sono fatti apposta per distruggere le navi da guerra nemiche. Queste sono esattamente le capacità di cui abbiamo bisogno nell’Indo-Pacifico per sostenere la deterrenza e la difesa contro la Cina”.

Mai, durante il confronto con l’Urss, gli Usa hanno sfidato l’antagonista in maniera così aperta e brutale. Siamo alla follia, appunto.

 

 

 

 

 

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