4 Luglio 2023

Le fiamme di Parigi e la "debolezza" di Putin

Le fiamme di Parigi e la "debolezza" di Putin
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Gli scontri diminuiscono in Francia, ma alta resta la tensione e la polveriera potrebbe esplodere. Larry c. Johnson, un articolo pubblicato sul Ron Paul Institute, ha fatto un’osservazione a margine su quanto avvenuto oltralpe che ci sembra interessante.

“Molte zone di Parigi sono in fiamme – scrive Johnson – così come edifici e automobili in altre città, e non si vede una fine in vista. Eppure l’Occidente sta trattando la vicenda come qualcosa di banale e nessuno dei media più importanti sta avvertendo che Macron è alle corde e sull’orlo del precipizio, tanto poter essere costretto a lasciare l’incarico” [ne scriveva quanto le fiamme erano alte e tale possibilità poteva apparire davvero all’orizzonte di qualche osservatore ndr]

“Quindi lasciatemi porre una domanda: potete immaginare l’orgasmo dei media occidentali se il caos che ora scuote la Francia – e che ricorda le rivolte che hanno attanagliato gli Stati Uniti durante l’estate del 2020 [dopo l’omicidio di George Floyd ndr] – si stesse verificando a Mosca?”

“Sospetto che i media – la stampa, i social media e i più importanti canali Tv – farebbero una copertura totale sul fatto che Putin sta perdendo il controllo del potere e annuncerebbero che la Russia si sta dirigendo verso il precipizio della dissoluzione”.

E conclude: “Se la carneficina in Francia continua nella prossima settimana, sarà più difficile per l’Occidente diffondere il messaggio che Putin e la Russia sono indeboliti. La realtà ha un modo tutto suo di distruggere le fantasie”. Forse tale considerazione, realista, ha dato vita a convergenze segrete per aiutare Macron a domare le fiamme.

Il sondaggio del Levada Center

Sempre a proposito dell’asserita debolezza di Putin, il cui potere secondo diversi analisti sarebbe stato comunque incrinato dal fallito golpe di Prigozhin, c’è da rilevare che l’ultimo sondaggio del Levada Center, che in Occidente viene considerato indipendente, indica che la gestione della crisi l’ha premiato: la sua popolarità è infatti salita, arrivando a un indice di gradimento dell’83%.

La propaganda di guerra, che mischia menzogne a patriottismo, aiuta a tener unite le forze e a motivare. Ma non è con questa che si vincono le guerre. Anzi può accadere, com’è avvenuto per il Vietnam, che le menzogne vengano a galla di schianto (allora furono disvelate dai Pentagon Papers). In tal caso le ricadute sul conflitto sono devastanti.

Peraltro, per quanto riguarda la guerra ucraina, la propaganda ha come scopo principale evitare che si apra un negoziato. Asserire che la Russia è debole serve ad alimentare la speranza di una vittoria di Kiev che ora non è all’orizzonte, quindi a prolungare un’inutile guerra. La mendacità, nel caso specifico, è molto più grave.