14 Luglio 2014

L'ex capo dell'intelligence israeliana: Israele non può permettersi il prolungarsi della guerra

L'ex capo dell'intelligence israeliana: Israele non può permettersi il prolungarsi della guerra
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«Se l’obiettivo strategico di Israele era creare una deterrenza, è stato raggiunto (a un costo minimo), e la cosa giusta da fare nei prossimi giorni è fermare la battaglia. (…) Quando Israele fu spinto alla guerra nel 2006, il governo decise di infliggere a Hezbollah un colpo tale da creare un effetto deterrenza duraturo nel tempo. Questa decisione era sostenuta da un’ampia legittimazione internazionale, che ha accompagnato Israele nella prima settimana. In retrospettiva, se Israele si fosse fermato dopo una settimana, durante la quale il grosso dei missili di lunga gittata erano stati neutralizzati e il quartiere Dahiya di Beirut era stato distrutto, la guerra sarebbe stata percepita, anche allora, come un grosso successo. La situazione com Hamas oggi è simile. La legittimazione di Israele, in patria e nel mondo, è ancora grande, e dal punto di vista militare Israele ha il predominio. (…) La portata dei bombardamenti è molto maggiore a quella dell’operazione Colonna di nube. Ma più si prolunga la battaglia, più aumenta il rischio di incidenti difficili e inattesi, quindi la cosa giusta da fare è assestarsi sull’obiettivo di deterrenza, se è raggiunto». È il passaggio di un commento di Amos Yadlin, ex capo dell’intelligence dell’esercito israeliano (carica che ha ricoperto dal 2006 al 2010, quindi anche al tempo della guerra contro il Libano e durante l’operazione Piombo fuso, sempre a Gaza), pubblicato oggi Yedioth Ahronoth.

Interessante la nota di Yadlin, anche perché il 9 luglio l’ex capo dei servizi militari aveva scritto sul sito dell’Institute for National Security Studies: «Anche se non intendiamo tornare a occupare Gaza, un’operazione di terra è necessaria e quasi essenziale. (…) Senza un’operazione di terra, Hamas rimarrà sotto terra. Un’operazione di terra contro obiettivi di alto valore creerà una frizione con l’ala militare del movimento, e consentirà alle nostre forze d’aria e di terra di attaccare le loro infrastrutture operative».

C’è dibattito in Israele su una possibile invasione di terra della Striscia di Gaza e sulle modalità della stessa, se massiccia o incursioni limitate e mirate. Un eventuale attacco di terra farebbe crescere a livello esponenziale il numero delle vittime. Che una personalità come l’ex capo dei servizi segreti militari esponga pubblicamente la sua contrarietà vuol dire che la possibilità di tale attacco è davvero problematica. C’è uno spiraglio per eventuali negoziati che pongano fine a questo sanguinoso conflitto, anche se purtroppo le crisi ricorrenti in Medio Oriente non lasciano spazio al facile ottimismo.

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