14 Maggio 2024

Loewenstein e la disumanizzazione dei palestinesi

Loewenstein e la disumanizzazione dei palestinesi
Tempo di lettura: 3 minuti

Pubblichiamo un estratto dal libro “Laboratorio Palestina. Come Israele esporta la tecnologia dell’occupazione in tutto il mondo” di Antony Loewenstein, Fazi Editore (euro 20 – eBook euro 10.99).

Uccidere o ferire dei palestinesi dovrebbe essere facile come ordinare una pizza. Questa era la logica dietro una app messa a punto nel 2020 dall’esercito israeliano e che permetteva a un comandante sul campo di inviare i dettagli di un bersaglio su un dispositivo elettronico ai soldati, che a quel punto avrebbero neutralizzato rapidamente quel palestinese. Il colonnello responsabile del progetto, Oren Matzliach, ha dichiarato al sito web Israel Defense che l’attacco sarebbe stato «come ordinare un libro su Amazon o una pizza in una pizzeria tramite uno smartphone» [1].

Questo tipo di disumanizzazione è il risultato inevitabile di un’occupazione a tempo indefinito. È anche un asset da esportare. Quel che affascina un numero crescente di regimi di tutto il mondo è imparare come Israele la faccia franca con il “politicidio”.

Questo termine è stato applicato alla realtà israelo-palestinese dal compianto studioso e professore di Sociologia israeliano Baruch Kimmerling, che nel 2003 sostenne che Israele aveva adottato come unico obiettivo della propria politica interna ed estera il politicidio del popolo palestinese. Con il termine “politicidio” intendo un processo che abbia, come fine ultimo, la dissoluzione del popolo palestinese in quanto legittima entità sul piano sociale, politico ed economico. Il processo può includere, ma non necessariamente, la sua parziale o totale rimozione dal territorio conosciuto come Terra di Israele. [2]

Un raro momento di onestà politica israeliana si è avuto nell’ottobre 2021, quando il parlamentare di estrema destra Bezalel Smotrich, leader del Partito Sionista Religioso e alleato del primo ministro Benjamin Netanyahu, ha detto alla Knesset, rivolto ai membri arabi dell’assemblea: «Voi siete qui solo per errore, perché [il padre fondatore e primo ministro David] Ben-Gurion non completò l’opera, non vi cacciò nel ’48». Sebbene venisse pronunciata da uno dei politici israeliani più razzisti e omofobi, questa dichiarazione era un’ammissione che nel 1948 ci fu una pulizia etnica.

Non è un punto di vista nuovo; in realtà è l’ideologia di Stato dal 1948. Documenti degli Archivi di Stato israeliani desegretati nel 2021 hanno rivelato che gli atteggiamenti verso i palestinesi non sono cambiati molto dagli anni Quaranta. Da allora, cacciare con la forza gli arabi verso i paesi confinanti è sempre stata la politica ufficiale, almeno per alcuni dei principali esponenti militari e politici nazionali. Reuven Aloni, vicedirettore generale dell’Amministrazione delle Terre di Israele, in una riunione del 1965 dichiarò che l’obiettivo ideale era uno «scambio di popolazioni». Era ottimista riguardo al fatto che «arriverà un giorno, tra dieci, quindici o vent’anni, in cui ci sarà una situazione di un certo tipo, con una guerra o qualcosa che assomigli a una guerra, tale che la soluzione elementare sarà il problema di trasferire gli arabi. Penso che dovremmo pensare a questo come un obiettivo finale» [3].

Yehoshua Verbin, comandante del governo militare che governò i cittadini arabi tra il 1948 e il 1966, ammise che nel 1948 ci fu una pulizia etnica. «Abbiamo espulso circa mezzo milione di arabi, bruciato case, depredato le loro terre – dal loro punto di vista –, non le abbiamo restituite, ci siamo presi la terra», disse. La “soluzione” proposta, allora come oggi, era stranamente simile alla tesi di Kimmerling: far scomparire gli arabi e, se questo non era possibile, discriminarli, nella speranza di indurli a emigrare di propria volontà per cercare una vita migliore altrove. Kimmerling avrebbe potuto aggiungere che il politicidio è diventato uno strumento di marketing in giro per il mondo per quelle nazioni e quei funzionari desiderosi di emulare il “successo” di Israele.

Ps. Su InsideOver un’interessante intervista a Loewenstein a cura di Roberto Vivaldelli, alla quale rimandiamo chi volesse approfondire la tematica.

“Così la Palestina è diventata un laboratorio”: parla Loewenstein

Note all’estratto del libro.

1. David Cronin, “App makes killing Palestinians as easy as ordering pizza”, in «The Electronic Intifada», 2 dicembre 2020, <https://electronicintifada.net/blogs/david-cronin/app-makes-killing-palestinians-easy-ordering-pizzas>.

2. Baruch Kimmerling, Politicidio. Ariel Sharon e i palestinesi, trad. di Elisa Bonaiuti, Roma, Fazi Editore, 2003, p. 9.

3. Adam Raz, “When the Shin Bet chief warned that educated Arabs are a ‘problem’ for Israel”, in «Haaretz», 16 settembre 2021.

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