30 Luglio 2015

Siria: le ambiguità dell'intervento turco

Siria: le ambiguità dell'intervento turco
Tempo di lettura: 2 minuti

L’intervento della Turchia in Siria ha posto non poche domande presso la comunità internazionale. Tra queste quella relativa alla creazione di una zona di interdizione libera dall’Isis (e forse dai curdi) in territorio siriano al confine turco. Sulla Repubblica del 28 luglio, Arturo Zampiglione ha interpellato in proposito Steven Cook, del Council of Foreign Relations, il quale ha spiegato che la zona di interdizione servirà a rimpatriare i tanti siriani fuggiti in Turchia e a contenere l’offensiva dell’Is (che in realtà non ha mai infastidito Ankara, anzi). Ma sembra avere anche un altro scopo, infatti, spiega Cook, Erdogan «ritiene che indebolirà a tal punto il regime di Beshar al-Assad, suo grande nemico, da farlo collassare».

 

E ancora: «Il piano presenta  moltissimi lati oscuri. Che succederà se i caccia o gli elicotteri del regime di Assad voleranno all’interno della zona di interdizione? Saranno abbattuti senza una autorizzazione dell’Onu? E chi difenderà la zona di interdizione sul terreno dalle incursioni dei jihadisti? Non saranno certo sufficienti quei pochi elementi già addestrati dagli Stati Uniti […] e poi c’è il rischio di un maggiore coinvolgimento americano». L’esercito Usa, infatti, finora è rimasto ai margini del conflitto (anche se non ne è affatto estraneo), «ma basterà poco» per trascinarlo «in una situazione scomoda e indesiderata».

 

Nota a margine. È dall’inizio della guerra che Erdogan, ma anche Hillary Clinton e altri esponenti della varia comunità internazionale anti-Assad, chiede la creazione di una no-fly zone in territorio siriano, usata altre volte per scardinare regimi ostici (ad esempio la Libia di Gheddafi). Di fatto, la zona di interdizione sulla quale Washington e Ankara si sono accordati ricalca il vecchio progetto, anche se con variabili che potranno essere a loro volta variate in corso d’opera. 

 

L’altro interrogativo posto da Cook, quello riguardante le truppe a terra che dovranno presidiare la zona, è niente affatto banale. Stante che i cosiddetti ribelli siriani liberi e forti sono quattro gatti è probabile che gli scarponi a terra saranno quelli di altri miliziani jihadisti locali.

 

Candidati a fare la parte del leone i tagliagole di al-Nusra, da sempre legati a doppio filo con Ankara, che dopo aver disseminato di orrore la Siria (crocifissioni in piazza, esecuzioni di massa etc.), stanno tentando di ripulire la loro immagine, ad esempio dando vita ai cosiddetti elmetti bianchi, corpo preposto alla protezione civile delle zone in mano agli occupanti (chiamarli ribelli è ipocrisia semantica).

Mondo
18 Maggio 2024
Putin e Xi, note a margine
Mondo
17 Maggio 2024
La rivolta "colorata" in Georgia