26 Ottobre 2022

Ucraina: la bomba sporca e i soldi a Kiev

Dmitry Polyanskiy. Ucraina: la bomba sporca e i soldi a Kiev
Tempo di lettura: 3 minuti

Forse la minaccia di una escalation della guerra ucraina innescata dall’uso di una dispositivo nucleare “sporco” è stata disinnescata. Così sembra, a stare alle parole del vice ambasciatore russo all’Onu Dmitry Polyanskiy.

“Abbiamo ottenuto quello che volevamo”, ha detto ai giornalisti accreditati presso le Nazioni Unite, aggiungendo che se ciò “non accade, non mi dispiace che ora si dica che la Russia sta gridando al lupo, perché stiamo parlando di un terribile disastro che potrebbe potenzialmente minacciare l’intera Terra”.A riferire le parole di Polyanskiy  è il Washington Examiner e le sue conclusioni si riferiscono al fatto che l’allarme lanciato dalla Russia si è ritorto contro di essa: Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, in un comunicato congiunto, hanno infatti affermato che l’allarme dei russi serviva per accusare Kiev di un crimine che in realtà si accingevano a compiere essi stessi.

“Volevamo sollevare questo problema, spiegare la nostra posizione ai colleghi, fare appello alla loro responsabilità”, ha aggiunto Polyanskiy. “Sappiamo che i paesi occidentali per lo più dicono che questa è tutta propaganda russa … ma siamo abbastanza soddisfatti perché abbiamo incrementato la loro consapevolezza su questo aspetto” (interessante che il WE abbia omesso, tramite i puntini di sospensione, alcune parole del diplomatico russo, che invece riportano fonti russe: “mentre tutto quello che dice Kiev è verità ultima”; certe considerazioni non vanno neanche accennate, potrebbero far sorgere domande nei lettori).

Un fiume di soldi verso l’Ucraina

Al di là dell’interpretazione dell’allarme, quel che conta è che l’escalation del conflitto, che avrebbe portato conseguenze terribili in tutta Europa, sembra che sia sfumata, almeno per ora.

Alcune considerazioni. Anche se l’accusa di Mosca contro Kiev fosse stata fondata, l’Occidente non avrebbe mai potuto accreditarla. Sarebbe stata una sconfessione scioccante di tutta la narrativa costruita sulla guerra ucraina e avrebbe comportato una presa di distanza da Kiev, consegnando a Mosca una vittoria secca, sia dal punto di vista militare che di prestigio, dal momento che l’asserito disegno criminale di Kiev avrebbe confermato quanto hanno sempre detto i russi sui loro antagonisti.

Uno scenario da incubo che l’Occidente non poteva permettersi, non dopo aver investito miliardi in questa guerra, ieri incrementati dalla Ue, che ha deciso di dare all’Ucraina 1.5 di euro al mese, che si sommano alle elargizioni mensili inviate da Washington.

In tal modo si sta rispondendo alla richiesta di Zelensky di un sussidio mensile di 5 miliardi di dollari, che servono, ha detto, per le necessità del suo Stato, che vanno a sommarsi agli ingenti fondi inviati a scopo bellico, parte dei quali è destinata a pagare i mercenari stranieri (costano).

Un fiume di soldi che scorre verso Kiev senza alcun controllo o quasi, essendo tutto fatto in regime emergenziale, cosa che potrebbe permettere (condizionale eufemistico) a tante mani di attingervi per gonfiare le proprie tasche, dentro e fuori l’Ucraina.

Ma al di là del particolare, per l’Occidente si tratta di un investimento a lungo termine, sacrifici necessari a vincere questa guerra per procura contro la Russia. Resta che tali sacrifici graveranno tutti sulle spalle dei cittadini dei loro Paesi, sui quali già gravano altri pesi derivanti dalla guerra: il maggior costo dell’energia, dei beni alimentari e altro.

E mentre alle moltitudini vengono chiesti tali sacrifici, i pochi fanno affari grandiosi sulla guerra (vedi anche Responsible Statecraft Come Facebook e l’industria delle armi stanno traendo profitto dalla guerra in Ucraina).

Così è e così sarà almeno fino alle elezioni americane di midterm, nella speranza che successivamente si apra un qualche spiraglio, del quale abbiamo scritto in note pregresse.

La paura fa 30

Nel frattempo va registrato che i 30 democratici che avevano chiesto a Biden di cambiare rotta sul conflitto, di cui alla nota pregressa, hanno fatto un brusco dietrofront, spiegando che la lettera in cui suggerivano l’inversione di marcia era datata ed è stata resa pubblica senza il loro placet.

Una retromarcia che evidenzia il potere del partito della guerra, che ha obbligato il gruppetto di dissidenti a un rapido mea culpa, tanto che sono stati anche costretti a recitare il Credo della nuova religione ucraina, che vuole che si combatta fino alla fine il nemico russo (tanto a morire sono gli ucraini e i mercenari, molti dei quali arruolati nella vicina Polonia, inviati al fronte).

IL TWEET DI RO KHANNA

Solo alcuni di loro, tra i quali Ro Khanna, esponente democratico della California, non hanno sconfessato la presa di posizione, con quest’ultimo che ha dichiarato di concordare sul sostegno all’Ucraina, ma aggiungendo la necessità di “mitigare il grave rischio di una guerra nucleare, gestire il conflitto in modo che non si intensifichi e cercare una pace giusta”.

Lo ha scritto in un tweet nel quale ha richiamato analoghe considerazioni esposte recentemente dal generale Joseph Dunford, che per quattro anni, dal 2015 al 2019, è stato Presidente del consiglio degli Stati maggiori congiunti degli Stati Uniti.

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