2 Marzo 2018

Ghouta orientale: allarme attacco chimico

Ghouta orientale: allarme attacco chimico
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C’è allarme per un possibile attacco chimico a Ghouta orientale, che l’esercito siriano sta tentando di strappare ai jihadisti. Un refrain che viene da lontano: da giorni politici e media iraniani, siriani e russi riferiscono di tale possibile sviluppo.

A progettare lo scempio sarebbero i jihadisti che sono incistati in quel quartiere di Damasco per incolpare Assad e così spingere l’Occidente a intervenire.

Informazioni dettagliate raccontano di camion carichi di agenti chimici e maschere antigas che avrebbero varcato la frontiera siriana diretti appunto ai miliziani.

L’allarme è stato rilanciato sia dall’Agenzia iraniana Fars che dall’Agenzia siriana Sana e riportato all’Onu da Bashar al-Jaafari, rappresentante per la Siria in tale sede.

Forse è propaganda, forse no. Di certo i miliziani jihadisti non si rassegnano a perdere Ghouta Est, come anche i loro sostenitori regionali e globali.

Ghouta orientale: un attacco chimico che viene da lontano

Il problema, per i fautori del regime-change siriano, è che la campagna mediatica tesa a criminalizzare Assad per frenare l’avanzata dell’esercito siriano non sta dando i frutti sperati.

La tregua unilaterale di cinque ore al giorno imposta da Putin e l’apertura di vie di fuga per i civili rende meno efficace la narrativa tesa a criminalizzare tale operazione militare.

E c’è il rischio che qualcuno dia finalmente conto che sono i miliziani a sbarrare le vie di fuga dal Ghouta orientale ai civili, bombardando quelle aperte dai russi (Piccolenote).

Se queste informazioni, tenute strettamente nascoste e soffocate da mille altre notizie meno rilevanti sul conflitto, arrivassero alla pubblica opinione, crollerebbe il teatrino dei ribelli buoni contro il cattivo Assad.

Da qui il progetto di alzare la posta, e in fretta, prima di perdere il Ghouta Est, la cui occupazione da parte dei jihadisti costituisce un tassello importante del progetto di regime-change, in quanto fonte di destabilizzazione permanente della capitale siriana (da qui ogni giorno lanciano  colpi di mortai sugli altri quartieri)

Inscenando un attacco chimico nel Ghouta orientale si  innescherebbe un’ondata di riprovazione internazionale che darebbe avvio a un intervento diretto dell’Occidente, ottenendo così il capovolgimento delle sorti della battaglia e forse del conflitto stesso.

La Fake news del gas a Ghouta

D’altronde già il 26 febbraio scorso la possibilità è aleggiata, quando sui media per giorni è rimbalzata la notizia che l’esercito di Assad aveva usato ordigni chimici nel Ghouta orientale.

Espediente del tutto suicida sul piano militare, ché l’esercito di Damasco ha altre armi molto più efficaci e soprattutto meno controproducenti.

Tale notizia dettagliava di alcuni casi di persone che avrebbero presentato sintomi di intossicamento da gas, e sarebbe morto anche un bambino. La notizia è rimbalzata sui media come atto di accusa della crudeltà del regime.

Già alla sua prima lettura si capiva che era una notizia strana, dal momento che non si registravano morti, ma solo intossicamenti. Perché usare un’arma del tutto inefficace? Si tratta di armi terribili che fanno danni su ampia scala: troppo poco, dunque.

Peraltro, mentre molti media davano per certa la notizia del bambino morto a causa del gas,  tale certezza non veniva fornita neanche dalla fonte alla quale avevano attinto, ovvero l’Osservatorio: distorsione tesa, oggettivamente, a drammatizzare l’evento.

Evidentemente si era trattata di una Fake news, tanto che poi è sparita. Né è stata sporta una denuncia tesa a chiedere alla comunità internazionale di verificare.

Però aveva lo stesso fatto presa sui media, soliti a riferire senza verificare quanto riporta Rami Abdel Rahman  sul fantomatico Osservatorio siriano per i diritti umani.

Speriamo che gli allarmi di questi giorni impediscano ulteriori follie.

 

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