13 Aprile 2018

Siria: salvate il soldato Mattis

Siria: salvate il soldato Mattis
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Il ministro della Difesa degli Stati Uniti James Mattis resiste alle pressioni incrociate per un intervento in Siria. E ieri alla Commissione per le forze armate della Camera ha esplicitato i suoi dubbi. È necessaria una riflessione “strategica […] su come evitare un’escalation incontrollata”, ha affermato.

Non solo: ha rischiato di mandare all’aria tutto il castello bellicista dichiarando che gli Stati Uniti non hanno prove dell’attacco chimico a Douma. Dichiarazioni che hanno creato fibrillazione nel campo dei vari dottor Stranamore, che avevano già dichiarato guerra ad Assad usando proprio quel pretesto.

La smentita di Mattis non ha potuto arrestare la marea in piena, ché i fautori dell’intervento hanno diversificato la sinfonia (Assad ha fatto altri attacchi chimici, le prove le ha la Francia, etc). Ma un colpo lo ha assestato. E forte.

Mattis vs Bolton sulla Siria

La posizione ragionevole del ministro della Difesa sul dossier siriano era stata anticipata dal politologo Michael Walzer che, in un’intervista al Corriere della Sera, aveva dichiarato: “Registro con soddisfazione la posizione di James Mattis e del Pentagono che sta relativamente moderando le spinte troppo aggressive o isolazioniste di Trump e dei suoi consiglieri”.

L’ultimo riferimento riguarda il nuovo consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, che spinge in senso opposto. Kate Brannen, autorevole giornalista che lavora anche per l’Atlantic Council, ha twittato che Bolton si sarebbe scontrato con Mattis sulla Siria. Nulla di più probabile.

Dopo la nomina di Bolton, due analisti americani ne hanno vergato un ritratto sull’autorevole rivista Foreign Policy.

L’oscuro mondo di Bolton

“Costruire casus belli contro Stati canaglia” ricorrendo anche ad artifici “illegali”; “disprezzo delle alleati e delle istituzioni multilaterali”; “cieca fiducia nel potere militare statunitense e sui benefici dei regime-change”; “tendenza a giustificare tutti i mezzi, per quanto orribili, per raggiungere i fini” desiderati: queste le caratteristiche della sua mente e la sua “oscura visione del mondo”.

“John Bolton è una minaccia alla sicurezza nazionale” è il titolo emblematico dell’articolo. Anche alla sicurezza internazionale, si potrebbe aggiungere.

L’uomo non è solo nella sua crociata. Forti e potenti i suoi sodali neocon, che sulla loro rivista, Weekly Standard, registrano con soddisfazione la “purga” che Bolton ha avviato all’interno della Casa Bianca.

Dalle dimissioni del consulente per la sicurezza interna Tom Bossert, avvenute appena Bolton ha iniziato il suo servizio effettivo, all’annuncio dell’allontanamento di Ricky Waddell, vice del National Security Council, sono quattro i funzionari epurati da Bolton per realizzare un proprio gabinetto di guerra.

Londra e Parigi, compagne di merende

Alla crociata neocon si sono aggregate anche la Francia e la Gran Bretagna, nella speranza di ritagliarsi nuovi spazi in Medio Oriente, erosi dal ritorno della Russia nella regione.

Londra e Parigi tornano a recitare copioni già scritti: Theresa May quello del nefasto Tony Blair, decisivo per l’intervento in Iraq. Emmanuel Macron quello dell’altrettanto nefasto Nicolas Sarkozy, che diede avvio alla guerra in Libia.

Tutto già visto, dunque. La Bestia neocon è tornata a ruggire. Forte e feroce come nel post 11 settembre.

Tante, però, le forze oppositive che allora non c’erano: non solo la Russia, la Cina e la Germania (che ieri si è sfilata dall’Invincibile Armada anti-russa).

Usa-Russia, stretta di mano all’Onu

Anche altre, più nascoste e trasversali. Il senatore Usa Bernie Sanders, ad esempio, ha chiesto che sia il Congresso a decidere sulla Siria, denunciando l’illegalità di un’iniziativa presa nel chiuso della Casa Bianca.

Mattis è forse quello più esposto in questa azione frenante. Sfida la purga boltoniana e altro. Rischia.

Ma qualcosa sottotraccia sembra muoversi. L’Opzione apocalisse fa paura a tanti ambiti occidentali. “Gerusalemme è determinata a far arretrare l’Iran (…), ma a che prezzo?” si chiede ad esempio Amos Harel su Haaretz.

Ieri l’ambasciatore russo all’Onu, Vassily Nebenzia, ha ribadito la possibilità di uno scontro Usa – Russia in Siria, affermando che è “prioritario” evitarlo.

La stretta di mano successiva con l’ambasciatrice Usa Nikki Haley (vedi foto) indica che c’è ancora spazio per alimentare una timida speranza.

 

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