25 Luglio 2013

Aleijandinho, Il Profeta Osea

Aleijandinho, Il Profeta Osea
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Bisognerebbe una volta nella vita andare al santuario francescano del Bom Jesus di  Matosinhos a Congonhas, nello stato del Minas Gerais in Brasile. Qui all’inizio del 1800, il più grande artista brasiliano della storia ha lasciato il suo capolavoro: sono le statue dei dodici profeti, scolpite da Antônio Francisco Lisboa, meglio noto come l’Aleijadinho. È un personaggio mitico, attorno al quale circolano mille leggende. Aleijadinho infatti significa storpio, e indica una condizione fisica disgraziatissima dalla nascita. Un limite che non gli impedì nella vita di produrre una quantità straordinaria di opere, di viaggiare continuamente a dorso di mulo per raggiungere le varie chiese francescane e carmelitane che erano ansiose di avere sue opere. Ma il suo capolavoro sono queste 12 grandi statue di profeti scolpite in “pietra saponaria”, la più diffusa in Brasile e la più morbida da lavorare, sistemate sulla grande scalinata d’accesso al santuario di Congonhas.

Aleijadinho è artista che incarna in pieno lo spirito del barocco brasiliano, un barocco che non è tanto lo stile di un epoca, quanto lo stile stesso di un popolo. Le sue figure rivelano una sapienza compositiva proprio di un grande scultore, ma questa sapienza è sempre funzionale a esprimere l’impeto umano che è il dato distintivo della figura di un profeta. È un barocco la cui enfasi invece di farsi avvolgente retorica, diventa concreta simpatia, apertura all’umano di chi guarda ammirato queste statue. Guardate il volto di questo profeta Amos, che si staglia sul cielo blu cobalto del Minas Gerais. Ha i connotati fisici di un indios. La pietra in cui è stato ricavato sembra quasi vivere, respirare: è pietra che sembra esser resa tenera dalla presenza e dallo spirito del personaggio rappresentato e dalla mano innamorata dell’autore che l’ha lavorata.

Aleijadinho è uno scultore veloce, che produce tantissimo, sull’onda di un afflato umano che che non lo abbandona mai. Se dovessimo trovare un paragone, dovremmo salire al Sacro Monte di Varallo dove qualche secolo prima era accaduto un qualcosa di simile: grandi artisti capaci di parlare una lingua figurativa popolare e insieme altissima. Di esprimere con la materia inerte il senso reale della carne e della vita.  Aleijadinho, Gaudenzio Ferrari e Tanzio da Varallo sono tutti artisti fratelli, nonostante le migliaia di chilometri che li tengono lontani.

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