29 Maggio 2013

Amedeo Modigliani, Ritratto di Soutine

Amedeo Modigliani, Ritratto di Soutine
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Una mostra milanese ripropone mito e leggenda di Amedeo Modigliani. La ripropone collegandola a quel gruppo di artisti apolidi che si resero protagonisti di una vita sempre border line nella Parigi del secondo decennio del ‘900: erano tutto sommato tradizionalisti rispetto allo sperimentalismo delle avanguardie, ma nello stesso tempo erano, dal punto di vista delle biografie, molto più antisistema dei loro colleghi cubisti, futuristi o dadaisti che fossero. In questa loro marginalità i rapporti di fratellanza si stabilivano con molta naturalezza: li univa il fatto di essere oltretutto nella gran parte dei casi immigrati, di essere spesso anche ebrei.

Nel gruppo di questi artisti spiccava in particolare Chaïm Soutine, straordinario pittore emigrato dalla Russia a cui Modigliani fece quattro ritratti, di cui quello esposto in mostra a Milano è forse il più famoso. È datato 1916; l’amico pittore è colto con uno sguardo lievemente malinconico e con quel senso di innocenza che lo caratterizzava. Indossa una casacca da operaio e tiene le mani sulle ginocchia, nella paziente disponibilità della posa. Si sente sulla pelle di questo giovane artista la durezza del freddo degli inverni parigini; anche lo sfondo rimanda all’idea di uno studio spoglio, di una povertà caparbiamente rivendicata. Ma la pittura di Modigliani è pittura molto spiazzante: perché di fronte a una situazione così sociologicamente ben connotata, sa sempre risollevarsi in immagini di una purezza e di una linearità quasi gotiche. Per quanto con i suoi amici si trovasse a vivere nelle trincee della metropoli, da quelle trincee riusciva sempre ad agguantare il cielo. Che la pittura di Modigliani consista in questo, lo si capisce da come dipinge gli occhi dei suoi personaggi: sono occhi che sfondano verso un infinito, che bucano lo spazio angusto in cui la vita li ha costretti. Sono occhi che virano facilmente verso l’azzurro; a volte sono dipinti come sfere vuote quasi fossero stati inghiottiti da quell’altrove verso cui sono puntati. Quelli di Soutine in particolare sono indimenticabili: perché pur del tutto aderenti alla fisionomia del personaggio non si lasciano definire dalla tristezza di quella condizione. Sono occhi che esprimono struggimento: per cui Soutine, come tutto il campionario umano passato in rassegna da Modigliani, ci appare come uno che non si può non sentire amico. Anzi fratello…

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