18 Marzo 2017

Battistello, San Giuseppe con il Bambino

Battistello, San Giuseppe con il Bambino
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In quel prezioso contenitore che è il sito della Fondazione Federico Zeri si possono trovare sorprese come questa. Una sorpresa “puntuale” visto che arriva proprio nei giorni della festa di San Giuseppe.

 

Federico Zeri fu un grande storico dell’arte, capace di un lavoro sistematico che gli ha permesso in anni e anni di studi e di ricerche di mettere insieme una straordinaria fototeca, oggi affidata all’Università di Bologna.

 

Questo quadro scovato lì in mezzo, è un’opera giovanile di un grande pittore caravaggesco napoletano, Battistello Caracciolo. È conservato al Musée Cantonal des Beaux-Arts di Losanna ed è un tipico esito di quella libertà interpretativa sui soggetti della tradizione introdotta da Caravaggio. I toni scuri e i colori terra sono tipici di questa stagione della pittura napoletana: è un caravaggismo con una luce che a fatica si fa strada tra ombre sempre molto addensate.

 

Battistello Caracciolo, che era quasi coetaneo di Caravaggio, e abitava a Santa Maria della Carità, in un quartiere fitto di presenze di pittori. Battistello (bellissimo soprannome, da Giovan Battista) reimmagina la situazione di San Giuseppe con Gesù bambino un po’ fuori dal canone delle rappresentazioni devote in cui il rapporto tra padre e figlio si gioca sullo sguardo e in cui si evidenzia in modo molto marcata la distanza anagrafica.

 

Caracciolo, con un istinto tutto napoletano, invece “rompe” la posa e lascia libero il Bambino (già quasi ragazzino) di proporsi in modo insolito: infatti si appoggia alla guancia del vecchio (ma non vecchissimo) padre con un gesto dolce e naturalissimo.

 

Gesù sembra così andare a cercare protezione all’ombra di Giuseppe, sapendo di poter contare sull’affetto di un padre che gli è padre senza “se” e senza “ma”, nonostante quella situazione anomala. Non si guardano, non ne hanno bisogno.

 

Piuttosto “ci” guardano dalla finestra del quadro, come per farsi testimoni di quel loro legame profondo, di una consonanza intessuta di pudore e di silenzi.

 

Colpisce poi quel dato di realtà della carnagione un po’ patita e malaticcia del Bambino, condizione che doveva essere diffusa tra i bambini nella Napoli povera e fustigata da contagi di quello scorcio di inizio 1600.

 

Al contrario Giuseppe esprime salute, che generosamente sembra quasi voler travasare su quel figlio. È la salute di un uomo povero, di un uomo che ha fatto la scelta più semplice: mettersi nelle mani di un Altro. Quell’Altro che, per una dolce indulgenza del destino, si è voluto affidare alle sue mani.

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