2 Marzo 2020

Rouault, Ecce Homo

di Giuseppe Frangi
Rouault, Ecce Homo
Tempo di lettura: 2 minuti

Georges Rouault è stato l’artista che nel secolo scorso ha tentato con più determinazione di cercare una chiave contemporanea per riprendere la grande iconografia cristiana del passato. Lo ha fatto provando a stabilire una fedeltà dentro una novità.

In queste settimane è possibile vedere uno degli esiti più riusciti di questo suo percorso: è l’Ecce homo, dipinto su compensato nel 1952 ed esposto al Museo Diocesano (Milano) nella mostra che presenta una serie di opere provenienti dalle raccolte dei Musei Vaticani.

Nella biografia di Rouault contano gli incontri e le frequentazioni con Léon Bloy e i coniugi Maritain: l’esperienza della Prima Guerra Mondiale, come evidenzia Micol Forti nel catalogo della mostra, aveva rappresentato una svolta nella sua vicenda artistica.

La vicenda di Gesù diventa per lui l’unica chiave praticabile per entrare nel mistero dei mali che assediano il mondo. Rouault non si muove sulla base di principi o di teorie. Si muove spinto da un bisogno e questo dà alla sua pittura un carattere d’urgenza che ritroviamo intatta anche in quest’opera dei suoi ultimi anni.

È un dipinto che mette in evidenza un tormento, proprio nel modo con cui il colore è steso sulla superficie, con quegli accumuli e quei contorni marcati e neri che tracciano il perimetro del volto.

Sembra quasi che la pittura sia chiamata a condensare tutto il dolore di quel momento. Ma se soffermiamo lo sguardo su quest’opera, scopriamo che il volto di Cristo comunica una dimensione imprevista di pace: il suo sguardo abbassato è mite e obbediente.

Anche la soluzione quasi da icona, con quella frontalità calma e il grande arco blu che circonda il volto di Cristo, portano quasi un accento di gloria che non disinnesca affatto la dimensione drammatica, ma non la lascia sola.

Rouault nel suo fare moderno non edulcora l’ansia convulsa del suo tempo, ma non ne finisce neppure schiacciato. Questo perché nel suo percorso riesce a rapportare quell’ansia con una luce.

È luce che sembra risalire quasi dai grandi Pantocratori bizantini: qui è tutto più povero e tutto segnato dalla grande fatica che segna il nostro tempo. Ma non per questo meno commovente e vero.

È un’immagine nata per consolare gli uomini, non per angosciarli: lo dimostra anche la scelta da parte di Rouault di impreziosire la cornice con tocchi di colore come fossero gemme o pietre preziose. Sono solo poveri tocchi di pennello, ma il senso non cambia…

Giuseppe Frangi

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