Rubens, Adorazione dei pastori
Tempo di lettura: 2 minutiMentre sui presepi imperversavano battaglie sempre pretestuose e alla fine abbastanza effimere, Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, ha riempito i muri della città con uno stupendo presepe: il riferimento è al manifesto che lancia la tradizionale esposizione natalizia a Palazzo Marino. Ogni anno il Comune “regala” ai cittadini una grande opera arrivata in prestito da musei italiani o stranieri. Quest’anno l’opera scelta viene dal museo di Fermo ed è un capolavoro giovanile di Peter Paul Rubens: un’Adorazione dei pastori. Appunto un presepe.
L’opera appartiene al periodo italiano dell’artista; erano gli anni in cui il giovane Rubens scorrazzava tra Mantova (dov’era al servizio dei Gonzaga), Roma, dove aveva sfiorato Caravaggio, e Genova dove i ricchissimi mercanti lo volevano come ritrattista principe. In questo vorticoso giro di relazioni e di committenze, Rubens nel 1608 dipinse anche questa grande tela per la chiesa di San Filippo Neri di Fermo, cittadina delle Marche.
È una tela dal soggetto molto semplice, a cui il pittore aggiunge un particolare, probabilmente su richiesta del committente: la presenza di Salomé, la “levatrice incredula” di cui parla il protovangelo di Giacomo. Aveva dubitato della verginità di Maria e avendo voluto toccarne il corpo per verificare l’autenticità della cosa, si era ritrovata con la mano ustionata. Ora invece alza le mani, sanate, per proclamarne invece la verità.
Ma inserzione apocrifa a parte, Rubens dipinge il presepe come una straordinaria festa del cuore e dello sguardo. Lo schema è semplice, caravaggesco nell’uso delle ombre violente, ma ispirato a un grande pittore emiliano, il Correggio, nell’idea che la fonte luminosa sia il Bambino stesso. Ed è una luce molto irruenta, capace di spaccare le tenebre, che va di contrasto con la tenerezza e la piccolezza del bambino riposto nella mangiatoia.
Quello di Rubens non è un presepe “timido”, interiorizzato. È invece un’immagine straordinaria, perentoria nel modo con cui immagina in maniera diversa la nascita di Gesù. Il Bambino sembra balzar fuori dalla mangiatoia, tanta è l’energia positiva che Rubens mette nel gesto pittorico. Il modo di essere cattolico di Rubens non è un contrapporsi ad altro. È un modo baldanzoso, felice, amico di tutti. Il suo Presepe è una vera festa della vita. Una festa molto fisica, senza complessi e senza tabù.