22 Ottobre 2014

Tanzio da Varallo, David

Tanzio da Varallo, David
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Se si dovesse dire chi sia stato il più fedele dei caravaggeschi, credo che ci siano pochi dubbi che la scelta cadrebbe su di lui: Antonio d’Enrico, detto Tanzio da Varallo. Nel caso di chi seguì Caravaggio la fedeltà non è fattore da poco, perché si trattò di non ridurre ad automatismo formale la novità introdotta, ma di farla vivere e pulsare in continuo, appassionato raccordo con la realtà. Tanzio a questo si adoprò anche per un fatto biografico da poco scoperto: nato ad Alagna Valsesia, si recò a Roma nel periodo di formazione, ma poi si spostò per sette/otto anni a Napoli, tra 1603 e 1610, cioè negli anni in cui Caravaggio per due volte soggiornò nella città.

Una prossimità che si era tradotta nel caso di Tanzio in una sorta di osmosi.

 

Questo stupendo David lo realizzò una volta tornato in Valsesia, dove era stato chiamato per lavorare al grande cantiere del Sacro Monte di Varallo (le tre cappelle da lui realizzate in coppia con il fratello Giovanni, scultore, sono tra le cose più indimenticabili, di quell’indimenticabuile luogo che è il sacro Monte varallino). Tanzio deve evidentemente aver visto il David di Caravaggio, oggi alla Galleria Borghese, dipinto in occasione del secondo soggiorno napoletano. Perché da quel David assorbe una sorta di malinconia, che era stata grande invenzione psicologica e iconografica del Merisi. Ma Tanzio resta aderente anche in altro: se il David caravaggesco era un “guaglione” napoletano, quasi pre-pasolinano, quello di Tanzio è a tutti gli effetti un figlio delle Alpi, con la pelle arrossata dal vento della montagna, i capelli biondi e lunghi e un po’ selvaggi, una muscolatura fuori proporzione come di chi nella vita ha dovuto fare mestieri più duri del dovuto in rapporto alla sua età. Se poi si allarga l’immagine, compare, come nel quadro di Caravaggio, la testa macabra di Golia, anche questa di un realismo senza sconti. Caravaggio aveva usato il proprio volto. Per Tanzio non sappiamo, in quanto non abbiamo un’altra sua immagine da mettere a paragone.

 

Ma quello che fa sobbalzare in questo quadro meraviglioso è il volto di David, così fisico, così carnale, ma insieme così puro. È quello sguardo che non vanta la vittoria, ma cerca appoggio in una presenza altra da cui è derivata quella imprevedibile forza. C’è come una “sperdutezza” in questo volto che difficilmente si dimentica. Un punto di giovinezza, che va aldilà dell’età anagrafica e che diventa quasi uno status antropologico.

Il quadro è abitualmente conservato alla pinacoteca di Varallo, dove Giovanni Testori lo aveva scoperto negli anni ’50. Ma in questi mesi è esposto a Napoli, a Palazzo Zevallos, in occasione di una mostra in cui per la prima volta verranno esplorati gli anni che Tanzio passò in città e quindi le sue relazioni con Caravaggio.

 

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