14 Luglio 2025

Gaza: Israele vieta ai palestinesi anche il mare

di Davide Malacaria
Gaza: Israele vieta ai palestinesi anche il mare
Tempo di lettura: 5 minuti

Una nuova ordinanza vieta ai residenti di Gaza di avvicinarsi al mare. Un divieto, in realtà, già stabilito agli inizi dell’invasione israeliana, ma che finora non era stato applicato se non ai pescatori, mentre stavolta sarà applicato in maniera draconiana ed estensiva. Così il portavoce dell’IDF Avichay Adraee su X:  “Questo è un appello a pescatori, bagnanti e subacquei: astenetevi dall’entrare in mare. Entrare in spiaggia e nelle acque lungo tutta la Striscia di Gaza mette a rischio la vostra vita”.

Non sono stati forniti “dettagli sulla durata del divieto o sulle specifiche preoccupazioni di sicurezza che lo giustificano, né sul perché le IDF lo stiano ribadendo”, scrive Nagham Zbeedat su Haaretz, evitando di ribadire l’ovvio, cioè che da decenni Israele abusa dell’arbitrarietà fondata sulla forza.

IDF Reiterates Ban on Gazans Entering the Sea, a Final Source of Relief for Many Palestinians

Per molti abitanti Gaza il mare “rappresentava una delle ultime oasi di sollievo dalla guerra, che si trattasse di rinfrescarsi, fare il bagno o pescare. Con le temperature sempre elevate e la rete di acqua potabile per lo più non operativa, la chiusura del litorale di Gaza ha suscitato profonda frustrazione e disperazione”.

Il mare non rappresentava solo un sollievo, anche una necessità, infatti “in assenza di sistemi igienico-sanitari funzionanti, diverse famiglie erano costrette a usare il mare per fare il bagno e lavarsi. Altre vi facevano affidamento per integrare le scarse scorte alimentari. Ora anche questa opzione è scomparsa”.

Children Will Die of Thirst' | UN Warns of Water Shortage; Reports: Israeli Forces Kill 202 in Gaza in Last 48 Hours

Quanto ai pescatori, Zbeedat ricorda come prima della guerra se ne contavano  “più di 6.000″, “4.200” dei quali “regolarmente registrati”. Un’attività cessata perché tentare di violare il divieto era più che rischioso; infatti, “secondo le Nazioni Unite, più di 210 pescatori sono stati uccisi dalle IDF dall’inizio della guerra”.

Rajaa Qudeih, 31 anni e madre di due figli, ha detto alla cronista di Haaretz: “Siamo accampati in riva al mare. Dove altro potremmo andare? La prossima volta ci proibiranno l’aria?”

Non possono farlo solo perché tecnicamente impossibile, ma anche questa a Gaza è ormai diventata tossica “perché le bombe israeliane disperdono nell’aria quantità sempre maggiori di sostanze chimiche, che si mescolano alla polvere dei colossali cumuli di macerie sparsi in tutta Gaza”, come riportava Rabia Ali su Anadolu.

Tale situazione, che già durante il genocidio in corso sta causando ai palestinesi diffusi “problemi respiratori”, avrà conseguenze ben più gravi sulla loro salute col passar degli anni. Morti indirette, si chiamano in termine tecnico.

Inutile specificare che il divieto di accesso al mare incrementerà di molto le patologie già più che diffuse tra la popolazione, il cui dilagare è favorito dalle restrizione alimentari imposte dagli occupanti.

Sull’esito di tali restrizioni, il report della World Health Organization: “Il 93% della popolazione di Gaza sta affrontando livelli di fame critici a causa dell’insufficiente quantità di cibo, nonché una diffusa malnutrizione”.

Un flagello che colpisce anche, e anzitutto, i bambini: “Il numero di bambini malnutriti nella Striscia di Gaza sta aumentando a un ritmo allarmante: solo nel mese di maggio 5.119 bambini, di età compresa tra 6 mesi e 5 anni, sono stati ricoverati per malnutrizione acuta”, ha allarmato l’Unicef.

“In soli 150 giorni, dall’inizio dell’anno alla fine di maggio, 16.736 bambini – una media di 112 al giorno – sono stati ricoverati per malnutrizione”, ha dichiarato Edouard Beigbeder, responsabile dell’Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa; e già 66 bambini sono morti per fame, questo almeno il numero accertato che è sicuramente sottostimato.

At least 66 children dead of malnutrition in Gaza amid Israel’s war

Non c’è fine agli orrori di Gaza, che al contrario di quanto avvenuto per i genocidi pregressi, sono consumati in mondovisione, soprattutto tramite il web. Come gli orrori che si consumano nelle carceri israeliane, dove i detenuti palestinesi, “migliaia” dei quali imprigionati senza processo, sono vittime di “torture, fame, privazione di cure mediche e violenza”.

Ne ha scritto Gideon Levy, sempre su Haaretz, a commento di diverse inchieste giornalistiche che hanno documentato questa diffusa brutalità. Un articolo nel quale ricorda come già 73 di essi sono deceduti durante la detenzione, dato che ha commentato scrivendo che “il numero dei morti nelle prigioni di Hamas non si avvicina minimamente a questo”.

Quindi, dopo aver accennato a come alcuni anni fa le prigioni israeliane fossero meno disumane, il commento tranchant: “Non sono solo le condizioni a essere peggiorate in modo irriconoscibile da allora. È accaduta un’altra cosa eclatante: allora Israele si vergognava degli abusi e cercava di nasconderli. Ora Israele è orgoglioso del suo sadismo e lo mostra a tutti, anche nelle vergognose visite in carcere dei corrispondenti della televisione israeliana. Il sadismo nei confronti dei palestinesi è diventato parte integrante delle pubbliche relazioni. Porta persino voti alle elezioni”.

L’accenno al sadismo non può essere limitato alle mura carcerarie: il divieto di avvicinarsi al mare, ad esempio, non rispondendo ad alcuna logica militare, non può che essere inquadrato come tale. Solo un esempio tra i tanti che si possono fare, come, tra gli altri, l’uccisione dei palestinesi che cercano disperatamente di procacciarsi il cibo ai centri di aiuto: da fine maggio quasi 800 dettaglia l’Onu.

Un orrore che ha visto la variante dei sei bimbi uccisi sabato scorso, insieme a quattro adulti, mentre cercavano di accedere all’acqua, vittime che vanno a sommarsi alle tante uccise quotidianamente: nello stesso giorno, ad esempio, altre 120.

L’eliminazione di Hamas, obiettivo dichiarato dal governo, non c’entra nulla con questo mattatoio, come dimostra ad esempio un editoriale di Haaretz che denuncia come le demolizioni massive degli edifici di Gaza, appaltate a ditte private che vi lucrano non poco, servano a “rendere Gaza inabitabile per gli anni a venire”; tali demolizioni, commenta Haaretz, hanno “lo scopo di garantire che i palestinesi di Gaza non abbiano più un posto dove tornare, come parte di un piano di trasferimento o di espulsione della popolazione”.

Quanto alla sospirata tregua, che l’amministrazione Trump continua ad annunciare come prossima, tante e contraddittorie le notizie. Tra queste la denuncia dell’ennesima tergiversazione da parte di Netanyahu e l’indiscrezione sulla promessa, sempre di quest’ultimo, fatta a Bezalel Smotrich (leader del principale partito ultraortodosso che sostiene il suo governo) che ricomincerà la guerra dopo la tregua di 60 giorni che sta negoziando con Hamas, una volta che gli ostaggi israeliani saranno liberati.

Trump hopes for Gaza deal within a week, as sources allege Netanyahu stalling

Dal momento che Hamas resta irremovibile sulla richiesta che la tregua temporale apra necessariamente i negoziati per un cessate il fuoco permanente, si comprende, oltre alla ben nota doppiezza di Netanyahu, anche la portata esplosiva della rivelazione.

A margine, a proposito di mare e di martirio, il divieto marino imposto agli abitanti di Gaza ci ha fatto tornare alla memoria, per qualche strana associazione, la scena finale di un film su Salvo d’Acquisto, quando, prima di essere fucilato dai nazisti, ai quali si era offerto come vittima in cambio della vita di 20 ostaggi, un’amica gli grida da lontano: “Salvo, guarda o mare, che te ne fotte do mundo!”… Tale il conforto minimale negato ai palestinesi.

 

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