15 Ottobre 2012

Horkheimer, la nostalgia del totalmente altro e il peccato originale

Horkheimer, la nostalgia del totalmente altro e il peccato originale
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 «La dottrina più grandiosa di entrambe le religioni, quella ebraica e quella cristiana, è – e qui mi richiamo ad una parola di Schopenhauer – la dottrina del peccato originale. Essa ha determinato sin qui la storia e ancor oggi la determina per coloro che pensano. Tale dottrina è possibile solo nel presupposto che l’uomo sia stato creato da Dio dotato di libera volontà. La prima cosa che l’uomo fece fu di commettere questo grande peccato nel paradiso, ed è su questa base che tutta la storia dell’umanità necessita di una spiegazione teologica.

(…) Anche su questo punto sono un seguace di Schopenhauer. Anch’io credo che la dottrina del peccato originale sia la dottrina più rilevante nella religione. (…). Per Schopenhauer il peccato originale consiste propriamente nell’affermazione di se stessi, nella negazione degli altri». Sono parole Max Horkheimer, filosofo tra i più noti dell’età moderna (fu tra i fondatori della Scuola di Francoforte, luogo di elaborazione del marxismo postmoderno), tratte dalla sua opera Nostalgia del totalmente altro. La citazione è apparsa sul blog Settimo Cielo curato da Sandro Magister, il 10 ottobre, a seguito di un articolo in cui il noto vaticanista ha descritto la contestazione del dogma del peccato originale da parte di alcuni teologi moderni.

Nell’articolo, un’ulteriore citazione tratta dall’opera del filosofo tedesco: «A me sembra che la moderna liberalizzazione della religione conduca alla fine della religione. Ciascuno deve più o meno convincersi che la liberalizzazione della religione va incontro al gioco politico. Si rilasciano concessioni, si fanno compromessi, si patteggia con la scienza. (…). Invece la religione può rendere l’uomo consapevole che è un essere finito, che deve soffrire e morire; che al di là del dolore e della morte ci sta la nostalgia, che questa esistenza terrena non può essere qualcosa d’assoluto, che non è ciò che è ultimo. (…). Quanto più nel cristianesimo si armonizza l’opera di Dio con gli avvenimenti mondani, tanto più si stravolge il senso della religione».

 

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