Iran: Usa e Israele preparano un'altra grande guerra mediorientale

Israele potrebbe colpire l’Iran “nei prossimi giorni“. Questa la valutazione di diversi funzionari statunitensi. Inoltre, un alto funzionario iraniano ha dichiarato giovedì mattina che un paese “amico” della regione ha avvisato Teheran di un possibile attacco israeliano.
Venti di guerra
Notizie che s’intrecciano l’evacuazione del personale non essenziale delle sedi diplomatiche Usa in Iraq, Bahrein e Kuwait e le restrizioni agli spostamenti del personale diplomatico americano di stanza in Israele.
A ciò si aggiunge “l’insolito allarme” lanciato del Maritime Trade Operations (UKMTO), un’agenzia britannica per la sicurezza marittima: “L’UKMTO è stato informato dell’aumento delle tensioni nella regione, che potrebbe portare a un’escalation delle attività militari con un impatto diretto sul traffico marittimo. Si consiglia alle navi di attraversare con prudenza il Golfo Persico, il Golfo di Oman e lo Stretto di Hormuz”.
Inoltre, da Newsweek: “Recenti immagini satellitari rivelano una notevole concentrazione di aerei militari e bombardieri statunitensi sull’isola Diego Garcia nell’Oceano Indiano, tra cui bombardieri strategici B-52, aviocisterne KC-135, caccia F-15 e un aereo da trasporto pesante C-5M: un dispiegamento massivo che indica preparativi per possibili operazioni nel contesto delle tensioni regionali”.
L’Iran ribatte di essere pronto a rispondere colpendo sia Israele che le basi americane nella regione (da cui l’ordine di evacuazione emanato da Washington); e che se saranno colpiti i suoi siti nucleari risponderà colpendo gli analoghi siti israeliani di cui dice di avere piena contezza dopo l’hackeraggio su vasta scala condotto nei giorni scorsi.
A gettare altra benzina sul fuoco l’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, preposta a monitorare il nucleare iraniano, che in questa settimana ha tenuto una sessione di lavoro cruciale a Vienna.
“Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania – scriveva ieri il New York Times – hanno presentato all’agenzia una risoluzione perché l’Iran sia censurato per il rapido avanzamento del suo programma nucleare e per la violazione di altri impegni previsti dall’accordo sul nucleare del 2015 stipulato con questi paesi, oltre che con Cina e Russia” (dove non si comprende perché gli Stati Uniti, che hanno rescisso l’accordo nonostante Teheran l’avesse rispettato, siano ancora della partita, ma tant’è).
Data la pressione, e forse l’asservimento del direttore Rafael Grossi ai desiderata di Tel Aviv, come vorrebbero dimostrare i documenti hackerati da Teheran, l’Aiea ha finito per denunciare violazioni al trattato da parte dell’Iran, che sarebbe vicino alla produzione dell’arma atomica. Una risoluzione che suona come un via libera all’attacco, un vero e proprio casus belli.
Una notizia nefasta, dunque, dall’Austria, che peraltro è in lutto per l’inspiegabile strage scolastica di due giorni fa a Graz, che riecheggia quelle ormai di routine in America, dove un giovane ha ucciso 11 ragazzi e ferito altri 30. Le brutte notizie, purtroppo, hanno il vizio di non arrivare mai sole.
Il forcing su Trump
Al di là della digressione di cronaca nera, e per tornare alla geopolitica, se sulla determinazione di Israele e dei falchi Usa non ci sono dubbi, resta l’ondivaga posizione di Trump, che ha un peso, seppur relativo (tale il suo potere reale), nella querelle.
Lunedì, telefonando a Netanyahu, gli ha ribadito che non avrebbe appoggiato un attacco israeliano, ma subito dopo ha dichiarato di non essere fiducioso sulle possibilità di un accordo con Teheran, aggiungendo che, in tal caso, pioveranno bombe.
Il problema non sta solo nell’imprevedibilità di Trump, che spesso usa diversivi per eludere contrasti, o nelle pressioni che gli arrivano da Tel Aviv, ma anche dai tanti falchi che lo attorniano.
Politico descrive come i falchi stiano esercitando pressioni diuturne su Trump perché si decida a bombardare, scontrandosi con il movimento Maga, i cui esponenti stanno cercando di convincere il loro capo a resistere alla tentazione.
Tra i tanti che hanno preso posizione contro l’attacco, Politico cita Tucker Carlson, anchorman seguitissimo dal movimento, ma soprattutto il vicepresidente J. D. Vance, forse la mente più lucida tra quelle che attorniano il presidente.
Ma il movimento Maga, nonostante le apparenze, ha davvero pochi esponenti nell’amministrazione Usa, affollata invece di neocon e altre figure incapaci di resistere al pressing. Tra i falchi, ad esempio, il comandante di Centcom Michael Kurilla, figura chiave di questo rebus impazzito, in rapporti molto stretti con Israele.
Citiamo lui tra i tanti incendiari in circolazione per quel che scriveva ieri Responsible Statecraft a proposito all’ordine di evacuazione del personale mediorientale: “Gli osservatori si chiedono se il rinvio all’ultimo minuto dell’udienza che doveva tenersi domani a Capitol Hill con il comandante del Centcom, il generale Michael Kurilla, abbia qualcosa a che fare con la notizia di oggi”.
“Secondo Stars & Stripes, l’udienza presso la Commissione per le Forze Armate del Senato è stata rinviata meno di 24 ore prima della data prevista per giovedì. In particolare, questo avviene il giorno dopo che Kurilla (interrogato) aveva dichiarato che l’esercito era pronto a impegnarsi in una ‘schiacciante dimostrazione di forza se l’Iran dovesse ottenere una bomba e il presidente ordinasse al Centcom di farlo'”.
Insomma, i preparativi per un’altra grande guerra mediorientale fervono, anche se per diversi analisti il forcing sull’Iran sarebbe una strategia perché ceda alle richieste di uno smantellamento totale dell’apparato nucleare.
Mentre le mosse iraniane di segno opposto, come l’annuncio odierno di incrementare le capacità nucleari, motivato come risposta alla risoluzione dell’Aiea, sarebbero tese a convincere gli Usa ad accettare che possa conservare una tecnologia nucleare non funzionale alla Bomba. Ciò sarebbe facilitato dalla Russia, che si è detta pronta a farsi carico dell’uranio arricchito eccessivamente dell’Iran per riconsegnarlo in modalità non pericolosa, destinato cioè al solo uso civile.
Domenica, in Oman, si terrà un nuovo round negoziale Usa – Iran. Una scadenza cruciale… “Siamo preoccupati”, ha dichiarato al Washington Post un autorevole diplomatico della regione. “Riteniamo che la situazione sia più grave che in qualsiasi altro momento del passato”.
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