Asia, Medio oriente, Ucraina: il momentum distensivo

Sembra che il mondo stia conoscendo un momentum distensivo. Alla tregua annunciata da Trump tra India e Pakistan ha fatto seguito l’accordo tra Cina e Stati Uniti sulla riduzione dei dazi reciproci per 90 giorni, durante i quali si continuerà a trattare.
Certo, resta aperto il nodo ucraino, ma ancora non sembra decaduta la svolta improvvisa, che ha visto Zelensky accogliere l’invito per un incontro con Putin a Istanbul.
Quando al genocidio di Gaza, tutti i media hanno segnalato il punto di svolta, con Trump che avrebbe preso le distanze da Netanyahu. Non è esattamente così. In realtà, è accaduto che, mentre in precedenza il presidente Usa lavorava nel segreto per piegare il premier israeliano a più miti consigli – avendo avuto successo con la tregua germogliata durante la campagna elettorale – adesso, e forse momentaneamente, ha posto fine alla finzione dell’allineamento totale con l’alleato mediorientale.
D’altronde, sia l’apertura delle trattative con l’Iran per il nucleare di Teheran, che ieri ha registrato il quarto round negoziale, sia l’allontanamento del falco neocon Mike Waltz dal Consiglio per la Sicurezza nazionale – deciso perché tramava con Netanyahu per un attacco a Teheran – sia il cessate il fuoco con gli Houti dello Yemen, segnalavano pubblicamente che il presidente americano stava tentando di smarcarsi dalla stretta di liberal e neocon e che agiscono in combinato disposto con il premier israeliano (da notare anche che Trump ha imposto al Segretario della Difesa Pete Hegseth di annullare la visita in Israele fissata durante il tour del presidente Usa in Medio oriente, che non prevede tappe a Tel Aviv).
Semplicemente la narrativa che vedeva l’allineamento totale tra Trump e Netanyahu era affatto semplicistica: non è mai stato così…
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