Attacco ad Aleppo: il rilancio del regime-change siriano
“I ribelli siriani violano la città di Aleppo, nel più grande progresso degli ultimi anni”, titola trionfante il New York Times. “I ribelli siriani violano Aleppo, la città più grande della Siria, in un’avanzata sorprendente”, gli fa eco un entusiasta titolo del Washington Post. Peccato che i ribelli in questione non siano alfieri della libertà, ma i terroristi di al Nusra (cioè al Qaeda) che nel 2017, in un’operazione di restyling, hanno cambiato nome in Hayat Tahrir al-Sham (HTS).
Si tratta dei tagliagole che hanno insanguinato la Siria nella guerra per procura scatenata per anni dall’Occidente contro il governo di Assad, imperversando ferocemente e in modo indicibile contro la popolazione locale e che, essendo stati sconfitti in seguito all’aiuto portato a Damasco da Hezbollah e dai russi, si erano ritirati nella regione di Idlib, al confine con la Turchia, e qui arroccati nel proprio califfato.
Fu Erdogan a porre fine all’ultima vampata della guerra siriana, accordandosi con Putin per fermare l’attacco russo-siriano contro Idlib, assicurando allo zar che avrebbe messo la museruola ai tagliagole da lui sponsorizzati (in combinato disposto con Usa & c.), cosa che ha fatto fino a ieri, quando, improvvisamente, la fazione terrorista si è riattivata con un attacco su larga scala, riuscendo a prendere il controllo del 60% di Aleppo, seconda città della Siria, la più martoriata durante il prolungato conflitto precedente.
Ma prima di parlare del ruolo di Erdogan in questa tragica vicenda, un ruolo articolato com’è dell’ambigua natura del personaggio, occorre soffermarsi sul quadro generale, che vede protagonisti Stati Uniti e Israele.
Convergenze parallele
“Il ministro degli Esteri siriano Bassam Sabbagh ha dichiarato il 29 novembre che l’offensiva terroristica in corso su Aleppo e il territorio limitrofo rientra ‘nel quadro degli obiettivi dell’entità occupante israeliana e dei suoi sponsor'”, riferisce The Cradle.
“I militanti di HTS – aggiunge The Cradle – hanno lanciato l’attacco proprio mentre entrava in vigore un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah, alleato della Siria […]. Gli aerei da guerra israeliani hanno bombardato il confine tra Siria e Libano immediatamente prima che il cessate il fuoco fosse annunciato”.
“Il ministro degli Esteri Sabbagh ha sottolineato il ruolo di Israele nello sponsorizzare gruppi estremisti come HTS in Siria, sottolineando che il governo siriano ‘ha sempre messo in guardia dall’evidente coincidenza tra gli attacchi dell’occupazione [Israele ndr] e gli attacchi dei gruppi terroristici al suo interno'”.
Tale coincidenza temporale si è registrata in effetti in diverse operazioni delle fazioni terroristiche consumate negli anni precedenti. D’altronde, non è un mistero che Tel Aviv consideri Damasco un pericoloso antagonista e i bombardamenti mirati dei jet israeliani che si sono succeduti in questi anni, aumentati durante il conflitto contro Hamas e Hezbollah, comprovano una convergenza parallela tra le fazioni anti-Assad siriane e Tel Aviv.
Una convergenza che si registra anche tra queste ultime e gli Stati Uniti, come ebbe a dichiarare apertamente il leader di HTS Abu Mohammad al-Golani in un’intervista a Martin Smith, pubblicata su Frontline nel 2021, dal momento che hanno come scopo comune quello di abbattere Assad.
Grazie a tali convergenze, e a quelle più esplicite con la Turchia, HTS riceve armi e soldi. E sempre tali convergenze hanno portato i miliziani di Idlib a combattere a fianco degli ucraini, con l’intelligence di Kiev pronta a sostenere tali fazioni perché antagoniste alla Russia.
Uno scambio di cortesie, quest’ultimo, negato da HTS perché lesivo dell’immagine di Kiev, ma che sembra confermato indirettamente da analoghe interazioni tra l’intelligence ucraina ed alcune entità ostili a Mosca in giro per il mondo, come evidenziato dalla collaborazione fornita ai terroristi del Mali in lotta con Bamako (BBC), alleata dei russi, e dal supporto fornito alle forze speciali sudanesi per analoghi motivi (Guardian).
Inutile aggiungere che l’intelligence ucraina, con la guerra, è diventata una sezione distaccata della Cia, con il capo dei servizi segreti militari Kyrylo Budanov che ha “profondi legami” con la stessa (New York Times).
Rimodellare il Medio oriente
Al di là del particolare, va sottolineata la coincidenza temporale segnalata da The Cradle, cioè che l’attacco ad Aleppo è avvenuto subito dopo l’accordo tra Israele e Hezbollah. È evidente che si vuole rilanciare il regime-change siriano, un’operazione di destabilizzazione in linea con il programma di rimodellare il Medio oriente caro a liberal e neocon americani, piano che avevano tentato di rilanciare con il conflitto libanese. Svaporata, con la tregua, quella leva, ne hanno azionata un’altra.
Non sappiamo come andrà a svilupparsi tale operazione, che oggi registra una forte controffensiva delle forze siriane supportate dall’aviazione e dall’intelligence di Mosca. Secondo diverse fonti arabe, tale controffensiva sta avendo successo, ricacciando i miliziani da diverse postazioni precedentemente occupate.
Tali fonti segnalano anche che i successi pregressi annunciati dai miliziani e dai media occidentali erano meno rilevanti di quanto pubblicizzato, dal momento che sul web erano stati pubblicati filmati che segnalavano successi solo apparenti: alcuni miliziani si erano ripresi in alcuni quartieri di Aleppo per segnalare l’avvenuta conquista, per poi ritirarsi. Un’offensiva, quindi, anche mediatica che serviva a rilanciare la potenza geometrica dell’attacco e demoralizzare gli antagonisti. Resta che tanta parte di Aleppo è ora nelle mani dei terroristi.
Sviluppi da seguire, quindi, come andrà seguito, del caso, quanto potrebbe avvenire nella regione di Hassakah e nelle aree limitrofe, dove spesso si registrano incursioni dell’Isis, le cui basi si celano nel Nord Est della Siria controllato dagli americani e dalle milizie curde che a questi fanno riferimento.
Inutile aggiungere che l’ondata di piena che si è scatenata in Siria apre un altro fronte di ingaggio ai russi, rispondendo così ai piani della Nato per logorarne le risorse.
Il senso di Erdogan per la Siria
Va chiarito, infine, il ruolo della Turchia nella vicenda, che con i miliziani di HTS ha legami profondi. Erdogan fu protagonista assoluto della macelleria siriana, che iniziò nel 2011 come coda insanguinata della primavera araba. Dalla Turchia, infatti, entravano in Siria i terroristi presi a contratto da tutto il mondo arabo per porre fine al governo di Assad.
E sempre Erdogan, finita la guerra aperta, ha tentato più volte di conquistare le aree siriane sotto il controllo dei curdi, che accusa, probabilmente a ragione, di sostenere in terrorismo curdo in Turchia. Ma non ci è riuscito per l’opposizione di Assad, di Mosca e a volte degli Usa.
Negli ultimi anni, però, Erdogan ha tentato una rappacificazione con Assad grazie ai buoni uffici di Putin. Rappacificazione tesa, come scrive al Akhbar, a ottenere “gratuitamente” quello che non gli è riuscito con le armi. Ma finora Assad si è sottratto a tale abbraccio, che ha detto possibile solo dopo il completo ritiro dei turchi dal suo Paese.
Dato tale pregresso, è possibile sia che Erdogan abbia sposato nuovamente la causa della destabilizzazione siriana nella speranza di ottenere finalmente i territori che brama, sia che abbia lasciato fare nella speranza che la situazione faccia cedere Assad alle sue richieste.
Tale secondo scenario sembra desumersi da quanto trapelato da fonti della sicurezza turche, secondo le quali l’operazione di HTS sarebbe “limitata” (Middle east eye) e dalle dichiarazioni dei miliziani, che si dicono amici dei russi. Un’ambiguità che fa il paio con quella di Erdogan, che nello scenario siriano raggiunge il parossismo.
Nulla importando delle profferte di amicizia, i russi hanno bombardato le milizie in questione, facendo capire a Erdogan che anche stavolta non asseconderà i suoi piani sulla Siria. E a quanti sognano di portare a termine l’interrotto regime-change siriano che non abbandonerà l’alleato.
La situazione resta in evoluzione sia per la complessità dei fattori in gioco che per i tanti attori di questa nuova tragedia siriana, complicata ancor più dal fatto che i tagliagole siriani, da HTS all’Isis, hanno tante teste e altrettanti padroni.