Le elezioni israeliane e la variabile Lieberman
Tempo di lettura: 3 minutiL’ultimo sondaggio autorevole realizzato in Israele assegna al partito di Avigdor Lieberman, Israel Beitenu, 10 seggi della Knesset all’esito delle elezioni di settembre.
Se vero, Lieberman potrebbe essere il kingmaker del prossimo governo israeliano, dato che i seggi totali sono 120. Né destra né sinistra senza di lui avrebbero la maggioranza di 61 seggi.
Lo spariglio israeliano
Certo, c’è sempre l’ipotesi di un governo di destra allargato ai laburisti, stante l’ambiguità che viene attribuita al suo leader, Amir Peretz, che, secondo quanto riferito da Haaretz, potrebbe far causa comune con Netanyahu.
Ma al momento è ipotesi azzardata: sia perché Peretz nega tale convergenza, sia perché, se anche fosse vero quanto accennato nella nota di Haaretz, Peretz rischierebbe defezioni che potrebbero negare egualmente la maggioranza alla coalizione destra-sinistra.
Così resta Lieberman coi suoi eventuali 10 seggi. Quel Lieberman che ha già affondato la formazione di un governo Netanyahu dopo le recenti elezioni, negandogli appoggio e maggioranza.
Uno spariglio che ha fatto infuriare il premier, il quale ha dovuto chiedere un pronto ritorno alle urne, nella speranza di riapparigliare (1).
Contava sul fatto che Lieberman, dopo aver affondato il suo governo, sarebbe finito nel dimenticatoio della storia, condannato dall’alto tradimento di cui si era macchiato agli occhi della destra, suo ambito di riferimento.
Unità nazionale
Finora non sembra andata così, ché anzi Lieberman sembra aver guadagnato simpatie tra quanti, a destra, sono insofferenti verso Netanyahu e le sue concessioni agli ultra-ortodossi, in particolare l’esenzione dalla leva, vista dai tanti come un privilegio indebito.
Così Lieberman rischia di ripetersi e risultare l’ago della bilancia del futuro governo. Forte della sua posizione, sta già sbandierando ai quattro venti che si proporrà come collante di un governo di unità nazionale formato dal Likud e da Kahol Lavan, negando il suo appoggio a un governo che guardi solo a destra o solo a sinistra.
Dichiarazione che rischia di far fuori Netanyahu, dato che Benny Gantz, leader di Kahol Lavan, ha già dato la propria disponibilità a una convergenza col partito di Netanyahu, il Likud, ma solo se l’attuale premier si farà da parte.
Peraltro lo stesso Lieberman sta duramente attaccando Netanyahu – tra i due ormai è anche una questione personale – affermando che il “Likud ha perso la sua strada, manca di ideologia e principi, tutto ruota attorno a un culto della personalità. Sembra che abbiamo scelto un dio per governarci”.
Netanyahu e la variabile Lieberman
Così, ad oggi, l’ex ministro della Difesa sembra avere le chiavi del futuro governo di Israele. Se si tiene conto dell’importanza di queste elezioni, che potrebbero porre fine al lungo regno di Netanyahu, si può avere un’idea della portata che ha nel mondo la variabile Lieberman.
Certo, i destini del mondo si giocano su tanti e altri piani. Ma chi si occupa di geopolitica sa l’importanza cruciale che ha quel fazzoletto di terra: quel che accade in medio terrae ha ripercussioni in tutto il mondo. È destino, meccanica, dinamica inesorabile.
Detto questo è ancora presto per far previsioni. Tutto può accadere. E Natanyahu ha ancora frecce al suo arco, come dimostra con una campagna fatta di immagini giganti che lo ritraggono con i potenti della Terra: non più il solo Trump, ma anche Putin e Modi.
Sta dicendo agli elettori che ha fatto di Israele una potenza globale, in grado di parlare con i grandi. Tacitamente affermando che senza di lui perderebbe il suo attuale status.
Tutto ancora sospeso dunque. Ma la variabile Lieberman va comunque registrata, per l’importanza che sta assumendo il suo piccolo partito. Forse le previsioni risulteranno sbagliate, ma oggi tale variante è il più grande grattacapo di Netanyahu.
(1) Nello scopone si spariglia per prendere in mano la partita e chi subisce lo spariglio deve tentare di riapparigliare per evitare i danni conseguenti.