28 Ottobre 2025

Gaza: il nodo dei corpi degli ostaggi e quello di Barghouti

Gaza: il nodo dei corpi degli ostaggi e quello di Barghouti
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Dall’11 ottobre, giorno in cui a Gaza è iniziata la tregua, Israele ha ucciso 93 persone e ne ha ferite 332. Sviluppo che segnala quanto Tel Aviv voglia riprendere il massacro in grande stile, peraltro ampiamente prevedibile se si osserva quanto accade in Libano dove, nonostante la tregua iniziata lo scorso 18 febbraio, l’IDF continua a uccidere (103 le vittime a fine settembre).

Netanyahu ha ora trovato una nuova opportunità per accusare Hamas di una “chiara violazione” della tregua: la restituzione del cadavere che avrebbe dovuto essere di un ostaggio, mentre era solo parte di un corpo già recuperato in precedenza dall’IDF. Errore o stratagemma per placare la pressione israeliana che sia, non viola nulla, ma tant’è.

Netanyahu ha convocato il consiglio di sicurezza con l’idea di ampliare l’area della Striscia sotto il controllo israeliano – attualmente è il 58% – mentre i partiti di ultradestra chiedono la ripresa del genocidio.

Inutile aggiungere che Israele sa perfettamente che Hamas non sa dove siano tutti i corpi degli ostaggi deceduti. Lo hanno riferito tre fonti israeliane alla CNN agli inizi di ottobre, spiegando che “il numero degli ostaggi uccisi, la cui ubicazione è sconosciuta, è compreso tra 7 e 15″… Ma questo non fermerà la macchina da guerra di Tel Aviv. Dovrà farlo Trump, sempre se resterà fermo sul proposito di far rispettare la tregua.

Finora ha tenuto il punto, anzi, ha addirittura dichiarato che sta valutando l’idea di chiedere a Israele la liberazione del leader palestinese Marwan Barghouti, da decenni rinchiuso in carcere, liberazione peraltro chiesta anche dal presidente del Congresso ebraico mondiale Ronald Lauder.

Un leader della comunità ebraica statunitense ha fatto pressioni per il rilascio del noto prigioniero palestinese Barghouti

L’interessamento di Lauder per Barghouti è stato ribadito dalla redazione del Time, che ha intervistato Trump sul cessate il fuoco di Gaza, aggiungendo, per spingere sulla liberazione di Barghouti, che Lauder è “un grande sostenitore” del presidente americano. Trump ha detto che sta ponderando se intervenire o meno, risposta sibillina che ha spinto i familiari del leader palestinese a chiedere al presidente di fare il passo.

La liberazione di Barghouti sarebbe più che importante. Non solo perché consoliderebbe, per quanto possibile, l’unità delle fazioni palestinesi, che ieri si sono accordate per affidare “l’amministrazione della Striscia di Gaza a un comitato palestinese temporaneo composto da tecnocrati indipendenti”, come richiesto dal cosiddetto piano di pace.

Ma anche perché Barghouti, che riconosce lo stato di Israele, porterebbe Hamas, che non lo riconosce, a compiere tale passo, dissolvendo la querelle sulla quale ha finora fatto leva Tel Aviv per eludere il confronto anche con le fazioni dei palestinesi meno dure.

Inoltre, Barghouti è considerato il Mandela palestinese, associazione che la lunga prigionia ha rafforzato, e la sua liberazione avrebbe un effetto simbolico pari a quello della scarcerazione del suo omologo sudafricano, aprendo prospettive di riscatto al popolo palestinese.

Una remota suggestione fa sperare che Trump ripeta quanto fece nel 1990 quando Nelson Mandela, allora un terrorista per gli Stati Uniti (fu cancellato dalla lista del Terrore solo nel 2008), come lo è Barghouti per Israele, si recò negli Usa per perorare la causa del suo popolo.

Il governo Usa e tutte le compagnie private del Paese gli negarono qualsiasi tipo di velivolo, con l’intento di vanificarne il tour. Fu il tycoon l’unico a offrirgli il suo Trump Shuttle 727 per tutto il tempo necessario (Los Angeles Times). Anche se, da buon commerciante, si fece pagare, il gesto non passò inosservato alle autorità e ai tanti e potenti nemici del leader africano. Altri tempi, altre circostanze, altro Trump. Ma finché il nodo Barghouti resta in sospeso si può sempre sperare che la suggestione/illusione suddetta diventi qualcosa di concreto.

Ma al momento la sospensione più drammatica resta quella della tenuta della tregua, ogni giorno a rischio. E quella sull’imperversare dei coloni, spalleggiati dall’IDF e dalle autorità, contro i palestinesi della Cisgiordania, con una violenza che si è intensificata in questo tempo in cui si raccolgono le olive, commercio che consente ai residenti un qualche reddito.

Israele deve aver qualche problema con gli olivi, forse anche perché è un simbolo universale di pace, perché anche in Libano ha imperversato contro tale coltivazione, sia distruggendo gli oliveti nel corso della guerra sia continuando ad attaccare il Libano meridionale, dove insistono gli oliveti, dopo la tregua, oltre a imporre restrizioni draconiane all’attuale raccolta, causando seri danni alle famiglie.

Intanto si scava sotto le macerie di Gaza per recuperare i corpi dei palestinesi sepolti sotto tonnellate di cemento. Corpi di cui, a differenza di quelli degli ostaggi israeliani, importa poco o nulla all’Occidente. Riportiamo da Nybooks: “Si presume che tra le diecimila e le quindicimila persone siano sepolte sotto le macerie delle loro case, un dato considerato drammaticamente sottostimato, sia perché le condizioni di guerra impediscono la raccolta di dati, sia perché l’uccisione di così tante intere famiglie non ha lasciato nessuno che potesse segnalare” l’accaduto.

L’errore di valutazione è lampante se si sta a quanto riferiva Lancet nel luglio del 2024: già allora l’autorevole rivista stimava in 10mila i palestinesi seppelliti sotto le macerie. Da allora altre e più potenti bombe sono cadute sulla Striscia e, ultimamente, i terribili “robot esplosivi” (1), capaci di distruggere in un colpo solo dieci edifici adiacenti, dove le bombe ne tirano giù due o tre (rimandiamo al terrificante reportage di al Jazeera).

(1) Mezzi blindati danneggiati carichi di esplosivo che l’IDF trascina in una zona specifica e poi fa detonare. Una variante made in Israel dei camion bomba usati largamente da Tahrir al Sham (al Qaeda) nel regime-change siriano.