17 Luglio 2025

Gaza. Le bombe sulla Sacra Famiglia

di Davide Malacaria
Gaza. Le bombe sulla Sacra Famiglia
Tempo di lettura: 5 minuti

Le bombe israeliane hanno fatto strage anche nella chiesa della Sacra Famiglia. quella che papa Francesco ha chiamato ogni sera in questi due anni di eccidi, fino a quando la salute glielo ha permesso. Due le vittime, sei feriti gravi; anche il parroco padre Romanelli, è stato ferito lievemente a una gamba.

Così la piccola chiesa di Gaza, l’unica chiesa cattolica della Striscia, va a condividere fino in fondo il destino del popolo al quale era stata donata dalla Chiesa universale, nulla importando che tale popolo fosse islamico, ché la piccola comunità cattolica ha aperto le braccia a tutti offrendo quel poco che poteva, che poi poco non era dal momento che un riparo finora sicuro, nel mattatoio di Gaza, era già tantissimo.

Le bombe non sono cadute per errore, come da usuale giustificazione dell’IDF, ché la tecnologia usata in questa mattanza individua al centimetro i target. La tempistica, piuttosto, suggerisce che sia una risposta alla visita dei Patriarchi e dei capi delle Chiese di Gerusalemme a Taybeh di tre giorni fa.

Una visita per dimostrare la vicinanza delle Chiese cristiane ai residenti della città, l’antica Efraim – dove Gesù si ritirò dopo la resurrezione di Lazzaro – e l’ultima città interamente cristiana della Cisgiordania, contro i quali si sono scatenati i coloni, che tra le altre cose hanno incendiato l’area circostante la chiesa di San Giorgio, eretta nel Vº secolo.

Alla visita ha fatto seguito un comunicato congiunto dei Capi delle Chiese nel quale si chiedeva alle autorità “un’indagine immediata e trasparente per comprendere perché la polizia israeliana non abbia risposto alle chiamate di emergenza della comunità locale e perché queste azioni aberranti continuino a rimanere impunite”.

Dichiarazione del Consiglio dei Patriarchi e dei Capi delle Chiese di Gerusalemme in Solidarietà con Taybeh

E lamentava come quanto avvenuto a Taybeh fosse “chiaramente parte di una serie sistematica di attacchi contro i cristiani che si sta dispiegando in tutta la regione”.

Il bombardamento della Sacra Famiglia di Gaza è un modo per dire che Tel Aviv non accetta ingerenze, come peraltro è evidente da tempo; e che si sente libera di fare quel che vuole, non riconoscendo nessuna linea rossa e non ritenendo nessuno intoccabile, neanche il parroco che ha avuto un filo diretto con papa Francesco.

Le due vittime del bombardamento alla Sacra Famiglia vanno a sommarsi alle 90 delle ultime 24 ore, che a loro volta si sommano alla schiera di vittime che quotidianamente registra questo genocidio (vedi articolo di Omer Bartov sul New York Times).

Un genocidio al quale, alle vittime registrate, vanno sommate quelle di cui non si ha contezza – per un totale di 100mila, secondo un autorevole studio recente. Tra queste, probabilmente sono da annoverarsi anche tanti dei 350 dispersi di cui non si hanno notizie da due settimane. Secondo il Centro palestinese per le sparizioni e i dispersi si troverebbero ancora sotto le macerie.

350 Palestinians reported missing under rubble in Gaza over two weeks

Ne accenniamo anche perché ieri ha fatto il giro del mondo l’orribile video dai Hala Arafat, 35 anni, rimasta intrappolata sotto le macerie e spirata dopo una lunga agonia filmata dal cognato, uno dei pochi sopravvissuti alle bombe che hanno ucciso 14 membri della loro famiglia, sette dei quali bambini.

“Non è stata l’unica famiglia massacrata martedì”, commenta Gideon Levy su Haaretz. “Anche la famiglia Azzam – Amir, Rateb, Karim e quattro neonati – è stata distrutta. Le immagini della morte dei quattro neonati, sdraiati sulla schiena avvolti in sudari bianchi e con il volto scoperto, sono tra le più dolorose. Uno dei neonati ha il volto lacerato”.

Israel Once Rescued Children From Rubble. Now It Kills Those Who Try to Save Them

“Ci sono account sui social media che sono diventati diari di un mattatoio. Ogni israeliano deve guardarli dritto negli occhi. Che i sentimenti siano feriti, che le anime delicate e sensibili siano sconvolte; nessuna immagine dalla Striscia di Gaza dovrebbe essere censurata. Questo non è uno snuff movie; è la realtà e deve essere guardata”.

Immagini, quelle di Hala Arafat, che dovrebbero spingere chiunque alla compassione, invece le IDF hanno inviato “droni killer per eliminare i soccorritori, come è accaduto mercoledì in via Zarqa, a Gaza City. Secondo i rapporti, le IDF sparavano a chiunque si avvicinasse. Erano al comando le coraggiose soldatesse o erano dei soldati che giocavano al loro gioco della morte contro chiunque tentasse un salvataggio?”

“Sono gli stessi soldati dell’IDF che Israele continua ad accogliere come vittime di guerra ed eroi. Non sono né vittime né eroi quando sparano con i droni contro gli indifesi. Sono come i cecchini dei centri per gli aiuti umanitari. Venti persone sono state schiacciate a morte mercoledì, dopo essere state intossicate con i gas lacrimogeni dai soldati”.

L’esercito israeliano, in passato, ha inviato squadre di soccorso in mezzo mondo, per aiutare le vittime di disastri naturali, ricorda Levy. “L’IDF ora non salva più nessuno. Adesso spara a chiunque tenti di salvare una donna intrappolata tra le mura di casa sua. C’è qualcosa di più mostruoso?”

“Ancora una volta, le parole vengono meno. Al prossimo terremoto – in qualsiasi parte del mondo – bisognerebbe sperare che le unità di soccorso dell’IDF che osino presentarsi in un finto tentativo di apparire buone e salvare la gente vengano respinte con ignominia”.

“Questo esercito ha perso il diritto di essere ipocrita. Un esercito che spara ai soccorritori e agli affamati ha perso il diritto morale di offrire aiuto. No grazie, dirà il mondo. Non accetteremo nessun aiuto dalle vostre mani, intrise del sangue degli indifesi”. Se Israele ha ancora una possibilità di salvezza, di redenzione, e oggi è davvero arduo sperarlo, passa per persone come Levy, che da Israele, con tutto ciò che comporta, scrive cose che in Occidente pochi osano.

Per quanto riguarda la sospirata tregua, implorata ancora una volta in un subitaneo telegramma inviato da papa Leone XIV alla notizia del bombardamento della Sacra Famiglia, si intravedono tenui spiragli.

Timesofisrael riporta autorevoli indiscrezioni secondo le quali Tel Aviv avrebbe accettato di ritirarsi nelle modalità richieste da Hamas, un ritiro che “probabilmente ostacolerebbe la capacità di attuare il piano israeliano di una ‘città umanitaria‘” per i palestinesi a Rafah, in realtà un campo di concentramento.

Official says Gaza deal ‘more likely than not,’ as Israel said to retract pullback demands

Da parte sua Hamas ha accolto l’idea che gli Stati Uniti siano garanti che la tregua proseguirà, se serve, oltre i 60 giorni concordati, fino a quando cioè i negoziati non produrranno un’intesa duratura.

Secondo il media israeliano, in tal modo si sono appianate le divergenze più accese, mentre si sta negoziando ancora su questioni meno critiche, cioè “sui meccanismi di distribuzione degli aiuti umanitari e sul numero e l’identità dei prigionieri palestinesi da liberare durante la tregua di due mesi in cambio di 10 ostaggi israeliani vivi e dei corpi di 18 ostaggi morti”. Il Timesofisrael spiega l’avanzamento dei negoziati come frutto delle pressioni dell’inviato di Trump Steve Witkoff e con il nuovo slancio del Qatar, principale mediatore.

Sembra che l’intesa, sempre se arriverà, giungerà a ridosso della pausa estiva della Knesset, il parlamento israeliano, del 27 luglio. Netanyahu potrebbe accettarla perché la sosta eviterebbe la caduta del suo governo per le inevitabili defezioni dei partiti ultraortodossi guidati da Smotrich e Ben-Gvir, che spingono per proseguire il genocidio.

 

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