16 Luglio 2025

Trump: non daremo i missili a lungo raggio all'Ucraina

di Davide Malacaria
Trump: non daremo i missili a lungo raggio all'Ucraina
Tempo di lettura: 5 minuti

Interpellato sulla possibilità di inviare missili a lungo raggio all’Ucraina, Donald Trump ha risposto: “Non abbiamo nessuna intenzione di farlo“. Dichiarazione secca, inequivocabile, che pone fine alla superfetazione di indiscrezioni giornalistiche che in questi giorni avevano dato per certo che la cosiddetta svolta trumpiana sull’Ucraina comportasse il ritorno alla follia dell’era Biden e ai missili made in Usa diretti a bersagliare nel profondo il territorio russo (si dovranno accontentare dei Patriot e forse di armi a corto raggio, del tutto inutili per invertire le sorti del conflitto).

Tale la follia della cosiddetta strategia dell’escalation controllata che ha portato il mondo sull’orlo dell’abisso della guerra termonucleare, strategia basata sul rischio e sulla pazienza strategica di Mosca, con quest’ultima che ha evitato al mondo il destino infausto insito in questo azzardo, adatto a una bisca e non a un teatro di guerra siffatto.

La strategia di Trump è altra e, nonostante sia offuscata dalle usate dichiarazioni contraddittorie e roboanti, si basa sulla presa d’atto che non ci sono le condizioni per raggiungere un cessate il fuoco: né temporaneo, ché la Russia non può permettersi una semplice pausa, che Kiev sfrutterebbe per riorganizzarsi; né duraturo, perché gli sponsor della guerra all’ultimo ucraino non demordono dalla loro ossessione di ottenere una vittoria strategica su Mosca.

Così a Trump non resta che attendere tempi migliori nei quali riproporre una exit strategy, quando il logoramento avrà la meglio sullo slancio bellico: il logoramento delle forze ucraine, che prosegue a ritmo sostenuto a causa del forcing russo, o quello dei suoi sponsor dichiarati, i Paesi europei, che stanno consumando sempre più risorse per alimentare l’incendio ucraino a detrimento delle proprie casse.

Un processo, quest’ultimo, che la svolta di Trump ha incrementato, costringendo i volenterosi europei a comprare le armi destinate a Kiev, in precedenza acquistate solo in parte dalle aziende di armi americane perché altre erano acquistate direttamente dal governo statunitense (i famigerati pacchetti di aiuti approvati dal Congresso, non più riproposti dall’attuale amministrazione).

Nel frattempo, ovviamente, Trump, da buon commerciante, fa cassa. E non solo dalla vendita delle armi: due giorni fa, ad esempio, è andata a buon fine l’acquisizione da parte di due fondi di investimento Usa, l’Argentem Creek Partners e la Innovatus Capital Partners, del terminal per il trasporto di cereali di Odessa, l’Olympex, il canale principale con il quale l’Ucraina commercia il suo grano, la più rilevante risorsa del Paese.

Un’acquisizione di cui si è interessato direttamente il governo di Kiev, che sembra abbia dato una mano agli americani nella causa intentata contro il precedenti padroni ucraini del terminal. In questo modo si è chiuso il cerchio, dal momento che la maggior parte dei terreni agricoli ucraini, per lo più coltivati a grano, sono in mano a multinazionali occidentali e a oligarchi ucraini a queste collegate.

Al di là di questi particolari, e per restare a una guerra che i circoli iper-atlantisti non vogliono che finisca, va approfondito un particolare della svolta di Trump al quale avevamo accennato in una nota pregressa.

L’annuncio del tycoon prestato alla politica di comminare tra 50 giorni di dazi del 100% contro i Paesi sopresi a comprare beni russi ha posto un freno alla proposta di legge bipartisan che prevede per tali Paesi dazi al 500%, con un incremento del 500% ogni 90 giorni (così che alcuni Paesi potrebbero dover affrontare dazi del 1.000% in pochi mesi).

Non che i promotori l’abbiano ritirata, che anzi continuano a spingere per l’approvazione, ma, appunto, il tetto è stato ormai fissato da Trump, che in tal modo l’ha in parte depotenziata. L’iniziativa promossa dai senatori Lindsey Graham e Richard Blumenthal, se non sarà messa in standby, sarà sicuramente approvata dal Congresso – come assicura Graham, che ha parlato di 85 senatori favorevoli – perché su di essa convergerebbero sia democratici che repubblicani.

E se Trump non si fosse mosso per assecondarla a suo modo, l’approvazione sarebbe suonata come uno scacco al potere dell’imperatore, che ora invece ha in mano un’arma di contrattazione. A margine, si può notare come Graham, parlando della sua iniziativa, abbia bacchettato Cina, India e Brasile perché si decidano ad abbandonare la Russia per evitare tale tagliola (minaccia che avrà l’effetto opposto…).

Ne accenniamo perché, subito dopo, il Segretario della Nato Mark Rutte ha ripetuto a pappagallo la stessa litania, rivolta agli stessi Paesi. Un piccolo particolare che fa capire chi è che muove i fili della Nato, un’organismo militare che ormai non risponde più alla Politica, ma ai guerrafondai neocon.

Per inciso, sia Blumenthal che Graham sostengono con forza il genocidio di Gaza, che fa il paio col genocidio che si sta consumando nel Vecchio Continente in questa guerra alla Russia fino all’ultimo ucraino (per avere un’idea della portata della strage, basta vedere i filmati dei cimiteri di guerra ucraini, ad esempio quello postato di seguito o quest’altro).

Як виглядає найбільше військове кладовище в Україні, 27.12.24

A margine di queste considerazioni, colpisce un singolare commento del Kyiv Post sul caso Epstein. Secondo il media più importante di Kiev, l’insabbiamento del caso che ha visto protagonista il miliardario al centro di una rete di pedofilia di altissimo livello “è una buona notizia” per l’Ucraina.

Sconcertante, eppure è così, perché, spiega il KP, gli esponenti Maga che premevano per rendere pubblica la rete dei potenti clienti di Epstein sono gli stessi che sostenevano il disimpegno degli Stati Uniti dall’Ucraina.

Tali ambiti, annota il media, sono convinti “che la CIA (e il Mossad e l’MI6) siano gli esecutori di una cospirazione delle élite globali per trarre profitto dalla guerra e manipolare le economie per il proprio tornaconto personale. In secondo luogo, che le stesse élite abbiano partecipato a una cabala di pedofili organizzata e gestita da Jeffrey Epstein. Trova la lista di Epstein e avrai i nomi. Dimostra il crimine e smaschererai la cospirazione globale”.

Trump ha insabbiato tutto, infliggendo un colpo mortale a tale castello in aria e ai suoi sostenitori… questa l’incredibile tesi del KP. Quanto all’insabbiamento in sé, avvenuto in concomitanza con la visita di Netanyahu a Washington, come hanno notato alcuni analisti, Trump ne ha subito un contraccolpo notevole dal momento che i suoi sostenitori sono infuriati e premono per aprire il vaso di Pandora.

Perché Trump, dopo aver promesso di fare chiarezza, stia coprendo il suo ministro della Giustizia Pam Bondi, responsabile dell’occultamento, è difficile dirlo. L’idea che ci sia anche lui nella lista, come da accusa ritrattata di Elon Musk, non convince.

Per anni la lista è stata a disposizione dei suoi nemici democratici, che hanno fatto di tutto per eliminarlo dalla scena politica: avrebbero sicuramente fatto filtrare un suo coinvolgimento, come è stato fatto per il principe Andrea e pochissimi altri.

Trump è minacciato o ricattato su altro? Sul punto torna alla memoria la domanda sibillina del ministro degli Esteri iraniano Abbas Aragchi, postata su X  a commento della visita di Netanyahu a Washington: “Cosa ha in mano esattamente il Mossad sulla Casa Bianca?”

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